“Ci fa riflettere anche il fatto che nel dare forma alle tribolazioni” patite da San Lorenzo, “Ben Sira, il maestro di sapienza, si soffermi su quelle legate alla parola: calunnie, menzogne, falsità, parole ingiuste. Se il martirio per san Lorenzo giunge a toccare la sua carne, le sofferenze di un rifiuto possono però toccare la persona già nella parola che la emargina, la offende, la confonde”. Lo ha sottolineato, oggi, il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, celebrando la messa nella festa di San Lorenzo, nell’omonima basilica fiorentina. “Ne siamo coinvolti anche noi oggi, chiamati a farci testimoni credibili della verità in un contesto umano in cui il sovrapporsi di opinioni senza fondamento oscura gli orizzonti di senso della vita, l’ostracismo di fatto decretato ai principi basilari della persona umana e del bene comune rende il Vangelo estraneo ai linguaggi dominanti e a chi gestisce il dominio dei consensi. Su questa condizione martiriale del cristianesimo oggi dobbiamo riflettere, non per scadere nel vittimismo e nell’autocommiserazione, ma per rafforzare la testimonianza e il coraggio dell’annuncio”.
Il porporato ha sottolineato: “Questo non mancò a san Lorenzo di fronte ai subdoli tentativi del potere di farlo vacillare nella sua missione di servitore dei poveri. In questo egli esercitava la sua diaconia a Roma. E questo aspetto della sua santità ci viene illustrato dalla liturgia tramite le parole dell’apostolo Paolo, quelle in cui egli riflette la propria personale esperienza di organizzazione tra le Chiese da lui fondate di una colletta a favore dei poveri della Chiesa di Gerusalemme. Nella fraterna solidarietà si fa concreta la comunione ecclesiale, esprimendo la concordia nella carità, un ‘servizio sacro’, dirà Paolo in questa stessa lettera, una liturgia (2Cor 9,12), un atto con cui non si fa soltanto un gesto di liberalità e un’opera solidarietà, ma si rende gloria a Dio stesso, che è fonte di ogni amore”.