“Fa parte del dono di sé condividere i nostri beni, la nostra vita con chi è nel bisogno. La carità cristiana è ben più che un gesto di solidarietà, un’espressione del riconoscimento della comune dignità umana che tutti ci accomuna. È tutto questo, ma anche molto di più: l’estensione agli altri del nostro legame con Cristo, del nostro donarci insieme a lui per il mondo, il non fare della nostra vita il centro di tutto ma lo strumento dell’amore verso tutti, il riconoscimento del volto di Cristo in ogni fratello nella debolezza e nella fragilità”. Lo ha sottolineato, ieri sera, il card. Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana (Cet), al termine della processione di San Lorenzo a Grosseto, di cui il santo è patrono, dopo aver impartito la benedizione solenne sulla città e sulla diocesi con la reliquia di San Lorenzo.
“Gli uomini pensano di realizzarsi acquisendo sempre maggiori beni, a cominciare dal bene primario che è la propria vita. Diventare padroni della vita degli altri è alla radice delle guerre e delle violenze, ma anche della cattura del consenso a fini per lo più di crescita del potere e del possesso. L’umanità contemporanea – ha osservato il porporato – si è posta il traguardo di un controllo assoluto della propria vita, nelle sue origini e nella sua fine. Sono i grandi drammi che scuotono coscienze e inquinano le legislazioni. Se la vita non è un dono ma un potere a nostra disposizione, ne vogliamo essere padroni assoluti, senza criteri etici che possano limitarci”.
Invece, ha concluso il cardinale, “Gesù non solo ci invita a scoprire che la vita la si riceve come un dono e come tale va curata, la nostra e quella degli altri, ma svela anche come solo perdendo la propria vita donandola, essa ci rivela il suo vero volto. Perché la verità della vita è Dio, la cui natura è il dono: il dono del Padre al Figlio nello Spirito”.