Non solo studio e liturgie alla 58ª Sessione di formazione ecumenica del Sae, che si è svolta ad Assisi dal 24 al 30 luglio, ma anche un momento artistico: il reading musicale “Martin Luther King. Una storia americana” tratto dall’ultimo libro di Paolo Naso, politologo e saggista valdese. Il Sae ha scelto di dedicare una serata al pastore battista per l’essere stato testimone di speranza nella sua lotta per la fine della segregazione e per la parità dei diritti della popolazione nera negli Stati Uniti. Accanto a Paolo Naso l’etnomusicologo Alberto Annarilli con Elisa Biason ed Elena Malandrino. La narrazione è stata attraversata da un filo rosso costituito da canzoni celebri come “Blowing in the wind” e “We shall overcome” che hanno incarnato le lotte e le speranze dell’epoca di King.
Il reading è partito dal celebre discorso pronunciato la sera del 3 aprile 1968, alla vigilia dell’assassinio, nel quale Martin Luther King richiamava la storia dell’Israele biblico, nella sua uscita dall’Egitto, associandovi quella degli afroamericani. Il pastore era a Memphis per sostenere la lotta dei netturbini che chiedevano condizioni più umane di lavoro. Si sentiva come Mosè che scorge la terra promessa ma non sa se vi entrerà. Un discorso profetico, ha commentato Paolo Naso, che si è chiesto: “Perché è stato ucciso?”. Per rispondervi ha situato la parabola di King nella storia americana fino ad arrivare alla guerra del Vietnam della cui immoralità il pastore fu un tenace assertore. La sua resistenza a un sistema di apartheid che non approvava era cominciata già prima, nel 1955 a Montgomery, in Alabama, mentre era dottorando in teologia sistematica. King vedeva un paese segregato, persone separate, chiese per i bianchi e chiese per i neri. In dicembre era stata arrestata Rosa Parks militante del movimento per i diritti civili.
Il reading è stato un crescendo sui discorsi memorabili, le azioni di boicottaggio, i sit in, i kneel in, le marce, come quella di Washington del 1963 ricordata anche per il discorso “I have a dream”. “Aver alzato la denuncia dal tema particolare della segregazione al tema del sistema di potere della società americana gli è costato la vita e ha creato quella fossa di isolamento che ha reso possibile il suo assassinio – ha concluso Naso -. Per cercare l’eredità di King non dobbiamo individuare monumenti ma movimenti come Black lives matter e altre espressioni simili il cui simbolo è sempre quello: l’inginocchiarsi, come nella marcia di Selma o nelle chiese. Oggi questo gesto interpreta al meglio la tradizione di King. Altri movimenti ci sono stati, è una storia piena di speranze, sacrifici e vittorie di cui restano poche tracce e di cui la musica è il filo conduttore”.