“Guardo le donne e i bambini costretti a lasciare le loro case per la guerra in Ucraina, e rivedo i milioni di sfollati e rifugiati del nostro popolo siriano. La stessa cosa è capitata a noi. Anche per questo li sento vicini. Adesso dobbiamo guardare solo a loro e favorire tutto ciò che può alleviare le loro sofferenze, senza perdersi in dispute su guerre giuste o non giuste”. Così, dalla Siria, padre Raimondo Girgis, frate minore della Custodia di Terra Santa, guarda alle conseguenze dell’ultimo conflitto esploso nel cuore dell’Europa. Dal 29 giugno, Papa Francesco lo ha nominato amministratore apostolico “sede vacante” del Vicariato apostolico di Aleppo dei Latini. “Anche in Siria – conferma il frate – si avvertono ricadute pesanti e dirette del conflitto in atto in Ucraina, che si aggiungono agli effetti devastanti già registrati nella vita quotidiana di milioni di siriani a causa delle sanzioni occidentali contro il governo di Damasco e della crisi pandemica”. In Siria mancano l’energia elettrica, la benzina, le medicine. “Dopo la fine della guerra sognavano di riprendersi, e ora, con il conflitto in Ucraina, l’orizzonte si è chiuso di nuovo. Anche gli aiuti sembrano diminuire. Con le nuove tragedie che incombono, anche la comunità internazionale sembra essersi dimenticata del popolo siriano”. La Russia di Putin ha svolto un ruolo cruciale nel condizionare le sorti del conflitto siriano. Ma padre Girgis non si slancia in letture politiche sulle responsabilità e le cause del conflitto che devasta l’Ucraina: “Non abbiamo un’opinione chiara sulla distribuzione delle colpe in merito a quello che succede in Europa e in altri conflitti sparsi nel mondo. Noi stiamo sempre, a priori, dalla parte della pace. Questo è il nostro linguaggio come discepoli di Cristo, questo è ciò che ci sta a cuore. Tutto il mondo ha bisogno della pace, e di veder finire le guerre”. Una urgenza che secondo padre Girgis non può essere aggirata con sofismi e argomentazioni manipolatorie. A chi dice che per far prevalere pace e giustizia bisogna aumentare l’uso di armi per abbattere regimi, il sacerdote francescano ricorda che “la salvezza non può venire dalle armi, che vengono usate sempre per far morire qualcuno”. E a chi cerca di giustificare le proprie strategie ricorrendo alle formule della “guerra giusta” o addirittura della “guerra santa”, l’amministratore apostolico della città-martire di Aleppo risponde che è inutile giocare con le definizioni di guerra giusta o guerra ingiusta, perché “la guerra è guerra, e basta. La guerra fa morire e fa soffrire”. In questo scenario, padre Raimondo racconta all’Agenzia Fides che “le comunità cattoliche siriane stanno vivendo in questi mesi la stagione degli incontri estivi e dei campeggi con ragazzi e ragazze, per condividere insieme occasioni di conforto spirituale, chiedendo che la grazia custodisca la fede e la speranza dei battezzati, in questi tempi difficili”.