La piccola comunità cattolica a Mosca riunita in assemblea sinodale si è confrontata per la prima volta anche sull’operazione militare speciale in Ucraina ed ha tracciato nel documento finale un cammino di preghiera “come unica risposta possibile, anche alle divisioni”, di servizio alla pace, mantenendo il contatto anche con “l’altra parte del confine” e la disponibilità a “toccare le ferite” nel servizio ai più bisognosi “indipendentemente dal loro origine e opinioni”. “Devo dire – dice al Sir mons. Paolo Pezzi, arcivescovo dell’arcidiocesi della Madre di Dio di Mosca – che il fatto che si sia parlato di quanto stia avvenendo in Ucraina e non si abbia avuto timore di farlo, significa il desiderio e il bisogno di poter toccare queste ferite. Sono stato particolarmente contento di questo perché penso che non occorra nascondersi o nascondere queste ferite che viviamo. Al contrario, occorre guardarle. Spesso quando si guardano queste ferite, poi allora insorge un desiderio di curarle e non di renderle più profonde. Per questo ritengo che sia stato molto importante che ne abbiamo potuto parlare con una sufficiente tranquillità”. “Le operazioni militari in Ucraina, le sofferenze della popolazione di quel Paese e – anche se non paragonabili – della Russia provocano domande e ‘rivendicazioni’ nei confronti di Dio stesso, della Chiesa, dubbi sul senso della vita, nonché odio e rabbia”, si legge nel Documento conclusivo dei lavori sinodali. “In questa situazione di polarizzazione, anche i compagni di fede sono talvolta percepiti come ‘nemici’. Per questo è importante: la preghiera zelante per la pace nello spirito della consacrazione dell’Ucraina e della Russia da parte di Papa Francesco al Cuore Immacolato di Maria, colta anche da alcuni ortodossi come un segno importante, perché, come sempre in circostanze estreme, la consapevolezza della propria impotenza ci dà la possibilità di riporre con maggior consapevolezza le nostre speranze in Dio stesso, di riscoprire la forza e l’importanza della preghiera, che in molti casi diventa l’unica risposta possibile, anche alle divisioni”. I cattolici di Mosca ribadiscono quindi la loro “disponibilità a toccare le ferite, proprie e altrui, come l’apostolo Tommaso toccò le ferite di Cristo”; “mantenere i contatti, anche dall’altra parte del confine e barricate di qualsiasi tipo”; svolgere “un ministero della pace in ogni contesto” e “servire i bisognosi, indipendentemente dalla loro origine e opinione”. “L’assemblea sinodale – commenta al Sir l’arcivescovo Pezzi – è stata un evento di fraternità, di pace e comunione”. “Devo dire che la comunità cattolica ha mostrato la capacità di vivere la comunione e offrire la propria fraternità come la strada per vivere una pace possibile, stabile, che tenga conto soprattutto dei più bisognosi e indifesi. Perché come sappiamo, durante gli scontri e le guerre, coloro che alla fine soffrono di più, sono i più poveri e a questi sono pochi coloro che si interessano”.