Su 5,6 milioni di italiani all’estero gli over 65 sono 1.148.000, di cui il 52,2% è donna. Le comunità più numerose di pensionati italiani vivono in Argentina, Brasile, Svizzera e Germania, ma spiccano anche Uruguay, Cile, Perù, Sudafrica, dovuto alla storia dell’emigrazione italiana. “Guardare alla situazione degli anziani è un termometro per misurare lo stato di salute del Paese. Se vanno via anche gli anziani è segno che dobbiamo fare qualcosa di urgente e indifferibile”. Lo ha detto Delfina Licata, sociologa delle migrazioni della Fondazione Migrantes, intervenendo oggi a Roma al convegno “Italia, pensioni e mobilità: storia di partenze e di ritorni”, organizzato insieme all’Inps. Al 1° gennaio 2021, la comunità dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso quasi 384mila residenti sul suo territorio (dato Istat), ha registrato un aumento del 3% nell’ultimo anno di coloro che risiedono stabilmente all’estero. La mobilità degli italiani con la pandemia non si è arrestata, ma ha sicuramente subito un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite all’estero da cittadini italiani, ma piuttosto le vere e proprie partenze: il numero dei connazionali che hanno materialmente lasciato il Paese recandosi all’estero da gennaio a dicembre 2020. In valore assoluto, si tratta di 109.528 italiani, -21.408 persone rispetto all’anno precedente. Secondo i dati della Fondazione Migrantes se i cittadini italiani residenti oltre confine negli ultimi sedici anni sono aumentati dell’82%, le donne in particolare registrano un 89,4%. Un processo che è, allo stesso tempo, di femminilizzazione e di familiarizzazione: “Le donne italiane in mobilità si distinguono in tre profili: le vedove, che a volte rientrano per medio-lunghi periodi prima di fare ritorno all’estero (solitamente nello stesso paese in cui sono state emigrate per diversi anni oppure in nuovi paesi dove sono residenti figli e nipoti); le nonne, che raggiungono figlie, figli e nipoti; e le giovani/giovani adulte che partono da altamente qualificate o con titoli di studio medio-alti”. “Oggi il numero di connazionali che hanno scelto l’estero come luogo di residenza è superiore a quello degli immigrati che risiedono regolarmente nella penisola – ha affermato Licata –. L’unica Italia a crescere è, oggi, quella che mette radici all’estero. L’Italia è uno Stato in cui la popolazione autoctona tramonta inesorabilmente e la popolazione immigrata – complice la crisi economica, la pandemia, i divari territoriali e l’impossibilità di entrare legalmente – non cresce più”.