“Mentre lascio la Chiesa di origine, vorrei rivolgere subito il pensiero alla diocesi di Lamezia, ai sacerdoti, al presbiterio perché noi singolarmente siamo poca cosa. Soltanto quando riusciamo a costruire relazioni fraterne abbiamo la certezza di porre quella Parola profetica che la storia pretende da noi. Questa è la sfida che lancio a me stesso ed al presbiterio. Il richiamo al mio motto ha anche questo risvolto”. Lo ha detto sabato pomeriggio mons. Serafino Parisi, vescovo eletto di Lamezia Terme, nella celebrazione eucaristica durante la quale, a Santa Severina (Kr), è stato consacrato. Mons. Parisi ha rivolto la sua “gratitudine al Signore, alla comunità di Santa Severina, che è stato il luogo della mia formazione umana, spirituale ed anche il luogo delle relazioni, della riflessione, degli incontri culturali”. Il suo ringraziamento si è esteso “alle comunità dove sono stato, ai formatori, ai professori da quelli del classico a quelli dei seminari”.
Quindi, un ringraziamento a mons. Giuseppe Schillaci, vescovo di Nicosia e a cui subentrerà il prossimo 9 luglio sulla cattedra lametina, “che mi lascia il testimone di Lamezia. A Schillaci chiedo: prega perché io possa avere la tua serenità e la tua mitezza che davvero hanno contraddistinto i tre anni difficili del tuo servizio a Lamezia; difficili per la pandemia cha ancora oggi non va via ma anche per la tua malattia. E pure lì la tua forza è stata di grande esempio. Io vorrei testimoniare al Signore il ringraziamento che faccio a te davanti a tutti per la bella testimonianza che hai dato e che mi hai voluto consegnare”. Accennando alla guerra in corso in Ucraina, mons. Parisi ha evidenziato che “dovremmo allontanare dalla nostra vita ogni tipo di guerra”. “Quando pensiamo all’Ucraina – ha detto in riferimento al fermento culturale esistente in città – noi di Santa Severina non pensiamo a città come a dei punti su una carta geografica, ma a persone. A quelle che negli anni abbiamo incontrato in questa piazza. Era in questo salotto degli incontri che si respirava aria calda, bella ed è quello che vorrei proporre e che porto dentro di me”. Infine, un pensiero alla famiglia. L’asciugamano con cui sabato sera gli è stato asciugato il sacro crisma, infatti, è un asciugamano ricamato dalla madre di mons. Parisi: “Questo asciugamano – ha affermato – mi ricorda la fatica, i sacrifici, l’impegno, la cura nelle piccole cose”. “Penso a questo asciugamano – ha proseguito il neo vescovo lamentino – come a una parte del corredo che una volta si faceva a rate. Se mio padre e mia madre avessero potuto vedere quell’asciugamano che asciugava il crisma sulla testa avrebbero detto: i nostri sacrifici sono stati ripagati, la nostra vita acquista un senso ulteriore. Dentro quell’asciugamano utilizzata così c’è il senso dell’umiltà”. Infatti, per mons. Parisi “l’asciugamano è anche il senso della nostra vita dalla culla fino alla tomba: è il telo che ci avvolge alla nascita ed è il telo che ci copre alla fine. L’asciugamano è anche quello della lavanda dei piedi ed è il segno dell’amore che supera il sacrificio e che deve dare il senso alla nostra vita. Spero che possa essere almeno il senso della mia vita”.