Gioco d’azzardo: Caritas Lazio, “alla regione è mancato il coraggio” nella lotta al contrasto, “ora tocca ai sindaci”

“Abbiamo più volte sollecitato provvedimenti per creare quella rete regionale di servizi sanitari per la cura della dipendenza da gioco d’azzardo che oggi, nei fatti, è puramente simbolica, e per sostenere quelle famiglie che si ritrovano ad essere gravemente sovraindebitate a causa della sofferenza di un proprio familiare”. Lo denunciano le Caritas del Lazio, in una nota oggi nella quale commentano l’approvazione, da parte del Consiglio regionale del Lazio, di un subemendamento alla legge di Assestamento di Bilancio che modifica le norme in materia di contrasto al gioco d’azzardo.
“Nelle cinque province del Lazio – prima della pandemia – risultavano attive slot machine in ben 5.700 pubblici esercizi quali bar, tabaccherie, lavanderie, cartolerie – ricordano le Caritas del Lazio -. Quanto poi alle sale con Vlt – slot machine più aggressive – queste sono ben 378, quasi tutte (87%) con ampi spazi per fumatori dove consumare tabacco ininterrottamente. Gli orari di punta vanno dalle 23 all’una del giorno dopo. Orari d’affari che l’emendamento continua a garantire con particolare e sospetta generosità”.
Di qui la denuncia: “Tutta la nuova manovra della Regione è indirizzata in favore di queste 378 sale con 6500 macchine ipertecnologiche, dove si somministrano drink alcolici e si fuma ininterrottamente”.
Le Caritas del Lazio ricordano: “Da anni gli esperti chiedono che almeno sia evitata la somministrazione di alcolici e non sia consentito di fumare: alcol e tabacco, insieme all’alta frequenza delle giocate, producono scientemente la patologia dell’azzardo”.
Quanto al “saldo” complessivo, nello scorso anno, il 2021, “sono stati giocati nel Lazio ben 11 miliardi e 568 milioni di euro (2.019 pro-capite) con profitti per le compagnie dell’azzardo per 839 milioni e 294mila euro. Nessun altro settore produttivo può ‘sognare’ simili risultati”.
Le Caritas del Lazio nelle prossime settimane faranno “un appello ai sindaci dei comuni delle rispettive diocesi chiedendo, per quanto concerne le loro competenze – in primis per gli orari di apertura degli esercizi -, quelle misure che la Giunta regionale e il Consiglio regionale non hanno avuto il coraggio di approvare”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Europa