“Bisognerebbe sviluppare un vero progetto pastorale costruito in modo sinodale e non da una commissione di pochi membri scelta dalla gerarchia”. Così scrivono i lussemburghesi nel loro rapporto sinodale, al capitolo che riguarda la “comunione” sul piano diocesano. L’esigenza è tenere insieme le diverse realtà e creare una vera cultura dell’accoglienza per tessere legami tra le diverse nazionalità e culture. Le messe devono diventare “il biglietto da visita della Chiesa” e si dovrebbe poter affidare la predicazione anche a un laico o a una donna; serve formare le comunità a “come gestire i conflitti, come discutere in maniera costruttiva, come formulare e ricevere critiche”. Rispetto alla Chiesa universale, sempre nel capitolo dedicato alla “comunione”, si dice che bisogna “ristrutturare la comunità e la gerarchia, diventare più aperti e non avere paura del cambiamento”, senza cambiare il messaggio centrale, “l’idea dell’amore di Dio e del prossimo, ma adattando il modo in cui viverlo”. E ancora: “La Chiesa universale deve rimanere garante dell’unità, ma le diocesi devono poter inculturare la fede a livello locale: è necessario il decentramento”. E poi, “perché la Chiesa possa realizzare il suo messaggio nel mondo, deve conoscere il mondo, vedere il mondo oggi senza perdersi in un ruolo moralista”. Secondo i giovani serve “accoglienza di ciascuno”, “fine del dominio maschile con la possibilità di dare maggiori responsabilità alle donne e dare loro accesso al sacerdozio”, “un cambio di prospettiva sull’omosessualità, apertura al matrimonio per tutti e abolizione dell’obbligo del celibato per i sacerdoti”. Quanto al tema della partecipazione, il riferimento sul piano della diocesi è al “principio di sussidiarietà” e alla “possibilità di codecisione” (si auspicano anche “strutture sinodali stabili”). Servono competenze perché si possa realizzare una “vera condivisione del potere, un’autentica partecipazione dei laici e in particolare delle donne”. Si chiede di potersi esprimere anche nelle nomine di parroci e vescovi e si suggerisce di coltivare lo spirito di comunità (con un elenco di suggerimenti precisi). Anche rispetto alla Chiesa universale si propone che si “operi secondo il principio di sussidiarietà e trasparenza” per allontanarsi “dalla sacralizzazione dell’autorità e del potere, del controllo e del dominio”, ripensando l’interazione tra la Chiesa universale e locale, creare una struttura sinodale concreta ridefinendone il ruolo e il potere decisionale. E poi si propone di ripensare alcuni dogmi e una serie di norme del diritto canonico (soprattutto sul tema ministeri). Articolata e ricca anche la parte sulla missione, cioè il “lasciare la propria zona di comfort, i muri della chiesa”. Apertura, dialogo, ascolto, impegno umanitario e sociale, comunicazione, valori, Laudato si’, formazione, preghiera e spiritualità i temi qui toccati. “Molte riserve sono state formulate sulle possibilità che il processo sinodale a livello di Chiesa potrà portare frutti” si legge nella conclusione della relazione, mentre ci sono “speranze a livello di evoluzione positiva nell’arcidiocesi di Lussemburgo”. Proprio il rapporto sinodale potrà “essere punto di partenza e road map per camminare insieme in comunione, partecipazione e missione”.