“A me la fede è arrivata da una serie di esperienze concrete della vita: l’incontro con fratelli e sorelle e la preghiera”. Lo ha detto, Emanuele De Bettini, attivo nella Federazione giovanile evangelica italiana (Fgei), intervenendo ad Assisi alla 58ª Sessione di formazione ecumenica del Sae. Il giovane, che vive la fede come un fatto concreto e come una scoperta inesauribile, ha espresso il bisogno di concretezza dei giovani anche all’interno delle proprie comunità che spesso non sono al loro passo. La rarefazione della presenza giovanile nelle chiese è legata, secondo il membro della Fgei, alla modalità molto frontale della trasmissione della fede . Un valore della nostra associazione, ha continuato, “è un percorso formativo tra pari, tra chi organizza i programmi e chi partecipa; il limite è che la Fgei è percepita come parte a sé stante delle nostre chiese e non come parte integrante. I giovani discutono tra giovani. La svolta deve venire da un cambio di paradigma, da un incontro con le altre generazioni. I giovani condividono con gli adulti le crisi del presente, i loro problemi non sono radicalmente diversi. Si può dialogare alla pari”. Momenti vitali sono anche le relazioni al di fuori della propria cerchia. “Le relazioni con il prossimo sono anche relazione con Dio. Aver partecipato a un coro ebraico a Torino è stata per me un’occasione di contatto con un mondo di significati religiosi legati alla fede nuovi. Cantare in questo senso per me ha significato riscoprire un tesoro”.