Una visita gradita quella di mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo, alla Sessione di formazione ecumenica del Sae alla Domus Pacis di Assisi. Il presule, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, si è trattenuto due giorni alla Sessione, presiedendo anche l’Eucaristia ieri sera. Durante la liturgia della Parola un diacono ha letto il brano delle nozze di Cana. “Dio è evaporato – ha detto mons. Olivero, durante l’omelia –. Non vuol dire che non c’è più, Dio sembra così impalpabile che per tanti è come se non ci fosse. La grande domanda che queste persone fanno a noi è: ‘Che c’entra il tuo Dio nella vita concreta?’. E noi remiamo nel rispondere, non è così semplice. Ecco la bellezza del brano che abbiamo ascoltato stasera, le nozze di Cana”.
Il vescovo ha aggiunto: “Noi siamo umani, siamo quasi perfetti. Abbiamo quasi il bandolo della matassa della vita. Sospesi fino all’ultimo giorno, siamo un desiderio che cammina. Il grande psicanalista Lacan diceva che il desiderio è l’attesa di qualcosa che non avrai mai. Per una vita intera noi cristiani siamo in attesa di un compimento. Ma anche il desiderio psicanaliticamente parlando è l’attesa di qualcosa di grande come la giustizia, come un amore che non avrai mai del tutto. A Cana Gesù ci fa intravedere che è venuto a prometterci un compimento. Noi siamo qui a immergerci in questa promessa per uscire di qua capaci di sperare un po’ di più. È bello che in quel miracolo Gesù sia fuori misura, esagerato nella sua azione per noi”. Secondo mons. Olivero, “come cristiani delle diverse confessioni dobbiamo stare in questa sfida avendo ben chiaro queste due cose: che Gesù Cristo ci ha promesso un compimento e che questo regge tutti i nostri sogni. E testimoniare che Lui è in azione in modo esagerato e crederci. Di questo abbiamo bisogno, di aiutarci – cattolici, protestanti ortodossi, ognuno con le sue storie, le sue capacità, i suoi riti, il suo modo di commentare la parola – a essere cristiani così, testimoni di questa sovrabbondanza e della promessa di un compimento”. Allora, “cosa vuol dire essere credenti in Gesù Cristo? Sapere di essere quotidianamente superati dalla sua azione e in questa fiducia vivere e continuare a lottare anche nelle crisi: la pandemia, la guerra, la crisi climatica. Noi possiamo permetterci e dobbiamo essere i primi a combattere là davanti contro questi guai perché abbiamo fiducia che il primo a combatterli è sempre Gesù Cristo, e noi siamo ancora una volta qui a stare tre quarti d’ora per crederci. Dio non è evaporato, è esagerato, concreto, sudato perché è un Dio al lavoro e ci precede e in questo modo ci apre alla speranza”. Il presidente della Commissione Cei ha concluso sottolineando “l’esagerazione che celebriamo ogni volta che facciamo l’eucaristia e in cui crediamo ogni volta che siamo senza forza, senza speranza e senza futuro perché Dio garantisce vino per sempre fino all’ultimo dei nostri giorni, dove sarà l’inizio della festa”.