“Se pensiamo al dolore incancellabile provato in questi luoghi da tanti all’interno di istituzioni ecclesiali, viene solo da provare rabbia e vergogna”. Anche ad Edmonton, dalla Chiesa del Sacro Cuore, il Papa ieri ha ribadito il suo “mea culpa” per gli abusi e le ferite inferte dalle popolazioni indigene. “Ciò è avvenuto quando i credenti si sono lasciati mondanizzare e, anziché promuovere la riconciliazione, hanno imposto il loro modello culturale”, l’analisi di Francesco, secondo il quale “questo atteggiamento è duro a morire, anche dal punto di vista religioso. Infatti, sembrerebbe più conveniente inculcare Dio nelle persone, anziché permettere alle persone di avvicinarsi a Dio”. “Ma non funziona mai, perché il Signore non agisce così”, la denuncia del Papa: “Egli non costringe, non soffoca e non opprime; sempre, invece, ama, libera e lascia liberi. Egli non sostiene con il suo Spirito chi assoggetta gli altri, chi confonde il Vangelo della riconciliazione con il proselitismo. Perché non si può annunciare Dio in un modo contrario a Dio. Eppure, quante volte è successo nella storia!”. “Mentre Dio semplicemente e umilmente si propone, noi abbiamo sempre la tentazione di imporlo e di imporci in suo nome”, ha spiegato Francesco: “È la tentazione mondana di farlo scendere dalla croce per manifestarlo con la potenza e l’apparenza. Ma Gesù riconcilia sulla croce, non scendendo dalla croce. Giù, attorno alla croce, c’erano quelli che pensavano a sé stessi e tentavano Cristo ripetendogli di salvare sé stesso, senza pensare agli altri”. “In nome di Gesù, non capiti più nella Chiesa di fare così”, l’appello del Papa: “Gesù sia annunciato come Egli desidera, nella libertà e nella carità, e ogni persona crocifissa che incontriamo non sia per noi un caso da risolvere, ma un fratello o una sorella da amare, carne di Cristo da amare”.