“Indubbiamente, in un tempo come questo, così contraddittorio, sono più che mai interrogate le parole con cui trasmettiamo la fede, nella loro capacità di sostenere la speranza, di corrispondere effettivamente ad Eb.11, 1: ‘La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede’. A che ci servirebbe Dio – o, per dirla meglio, che senso avrebbe la fede in Lui – se non ci sostenesse per ‘vivere in modo salvifico’ anche le situazioni più drammatiche, se non disegnasse sempre e di nuovo futuri possibili per la nostra fragile umanità? Se non ci aiutasse così a stare lontani dalle passioni tristi: la rivolta sterile come la cupa rassegnazione?”. Si è posto questi interrogativi, stamattina, Simone Morandini del Comitato esecutivo del Sae (Segretariato attività ecumenica), nell’introduzione alla 58ª Sessione di formazione promossa dal Sae, alla Domus Pacis di Assisi, sul tema “In tempi oscuri, osare la speranza. Le parole della fede nel succedersi delle generazioni”. Ma di fronte a difficoltà grandi come quelle attuali, “l’ecumenismo è in se stesso una grande realtà di speranza; è una scommessa su un futuro di comunione per il quale mettiamo in gioco le nostre vite, confidando in uno Spirito che raccoglie in unità le diversità”. Il relatore ha ricordato, a proposito, che “si stagliano alcuni eventi – che in diversi casi corrispondono quest’anno ad anniversari significativi – in cui tale scommessa-nella-speranza ha trovato espressioni particolarmente intense”.
Di qui l’invito: “Anche in fasi segnate dallo stallo come l’attuale, va mantenuta la forza della memoria di questa storia, storia ricca di eventi e di fascino, del movimento ecumenico, che ha visto e vede esploratori ed esploratrici coraggiosi, ricercatori di Dio, della koinonia, della speranza; possiamo davvero sentirci ‘circondati da tale moltitudine di testimoni’ (Eb. 12, 1). Sapremo anche noi lasciarci accompagnare a vivere così la dinamica ecumenica, come ricerca – tenace, faticosa – di una comunione tra le chiese che sia a servizio di un’umanità riconciliata, di una ‘comunione nella speranza’ (da A common account of Hope)?”.
La Sessione che ci è dinanzi “disegna percorsi in tal senso, a partire (oggi stesso) dall’interrogativo sulla tensione tra il Dio che annunciamo e la nostra esperienza di fede, tra i vissuti e le parole, per cercare poi di comprendere come di Lui si possa parlare in un questo tempo di fratture e di oscurità; fino a disegnare un’altra tensione – feconda – tra i tesori che le nostre comunità portano con sé e le novità da dispiegare nella dinamica dell’annuncio”. La voce dei giovani, ha proseguito, “sarà essenziale in questa traiettoria, per esprimere cosa significhi ricercare in questo tempo il senso dell’essere credenti”. Ma “un’armonica importante anche sarà quella della formazione e delle esperienze di annuncio”, che “ci aiuteranno a comprendere quali parole e quali pratiche possono far germinare nuove modalità di efficace comunicazione per le parole della fede”.