“Il tema dei rifugiati accompagna da sempre la storia dell’umanità e si ripropone particolarmente in tempi di crisi, dove si incrocia con il tema più ampio di emigrazione e immigrazione, generati da situazioni di povertà, disoccupazione, persecuzione… non ultimo, dalla guerra. E la guerra in Ucraina ha certamente riproposto questo tema in maniera drammatica, soprattutto per l’Europa”. Lo ha dichiarato l’ordinario militare, Santo Marcianò, alla Conferenza internazionale dei vescovi castrensi tenutasi nei giorni scorsa a Vienna. “All’interno del Continente europeo, l’Italia si trova da tempo ad affrontare il fenomeno. Una storia di emigrazione ha segnato le vicende di tante nostre famiglie che, nella prima metà del Novecento, salpavano per raggiungere l’America del Sud e del Nord alla ricerca di un lavoro e di migliori condizioni di vita; storia che si ripete, sia pure in maniera diversa, per l’uscita di tanti giovani, prevalentemente professionisti altamente competenti, dalla nostra Nazione. Oggi, tuttavia, l’Italia è uno dei Paesi europei maggiormente coinvolti dal fenomeno dell’immigrazione, a motivo della sua posizione geografica e di un fondamentale atteggiamento di accoglienza”.
Il dato degli arrivi di migranti “non dovrebbe lasciare indifferente soprattutto il Continente europeo, non sempre attento al fenomeno, anzi a volte chiuso in un’indifferenza colpevole. Indifferenza che rivela in maniera più importante la sua gravità oggi, quando la guerra in Ucraina ripropone in maniera ancor più drammatica il tema dei rifugiati”.
Marcianò ha aggiunto: “sarebbe sbagliato affidare il problema dei rifugiati esclusivamente alla politica, che pure ne deve conservare la responsabilità gestionale. Sarebbe inopportuno trascurare un fenomeno che ha molto da dire all’uomo del Terzo Millennio e che è decisivo per misurarne il grado di civiltà. Sarebbe un vero peccato, come Chiesa – e come Chiesa militare – chiudere, per così dire, l’orecchio dinanzi alle voci di coloro che sono eco della voce stessa di Gesù, nelle parole rivolte nell’Apocalisse alla Chiesa di Laodicea: ‘Ecco, sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui, cenerò con lui ed egli con me’ (Ap 3,20)”. L’immagine “è eloquente ma è anche decisiva. È quella di Cristo che, nei rifugiati e nei migranti, bussa alle nostre porte, alle porte dell’Italia e dell’Europa, delle vite dei cittadini e dei nostri militari, del cuore materno della Chiesa che, per volontà di Papa Francesco, sta celebrando il Sinodo, interrogandosi sul senso del ‘camminare insieme’. Mi sembra che questo camminare, nell’oggi della Chiesa e nell’oggi di Dio, debba incrociare il camminare dei nostri fratelli profughi. Vorrei pertanto contemplare in loro il Dio che sta alla porta e bussa e seguire i passi che Egli indica, attraverso le tre parole del Sinodo: partecipazione, comunione, missione”.