Traffico esseri umani: un terzo delle vittime sono minori. Rapporto Osce sull’impegno degli Stati per contrastare la tratta

Un Rapporto che fotografa i progressi compiuti dagli Stati per combattere il traffico di esseri umani è stato pubblicato dall’ufficio dell’Osce che si occupa del contrasto a questa piaga. Il riferimento è il piano d’azione concordato nel 2003. I dati sono il frutto di una indagine condotta tra i 57 Paesi membri (con l’86% di risposte ricevute) per misurare gli sforzi compiuti. L’edizione precedente risale al 2016. In questi anni si sono registrati alcuni trend in aumento, dice il Rapporto: il fenomeno di abusi sessuali trasmessi con webcam dal vivo; il traffico di donne incinte allo scopo di vendere i neonati; la ricerca di persone con disabilità da parte dei trafficanti; significativo aumento del rischio di sfruttamento online sui minori a causa delle restrizioni Covid; aumento significativo di casi di tratta per accattonaggio forzato e matrimoni fittizi. Le risposte dei Paesi si sono concentrate sulla tratta per sfruttamento lavorativo con misure nel senso del controllo degli appalti pubblici e della trasparenza delle filiere produttive, mentre bassa resta la risposta alla tratta per scopi sessuali.
Difficile valutare “quanto le campagne di sensibilizzazione sulla tratta, siano un contributo a riconoscere, prevenire e combattere il traffico di esseri umani”. E nonostante il fatto che “il numero di minori vittime di tratta sia triplicato negli ultimi 15 anni”, e che “i minori sono un terzo delle vittime”, poco si è mosso in questo ambito. Rispetto al tema della protezione e assistenza alle vittime, alcuni passi sono stati compiuti nei procedimenti per l’identificazione delle vittime, ma scarsi restano i servizi e i processi di accompagnamento per chi esce da quel tunnel: dall’alloggio alle offerte di formazione o di lavoro. La causa, soprattutto per le ong, la poca disponibilità di fondi. Un nuovo ambito coperto dal rapporto è anche quello della tecnologia, per dire tra le altre cose, che solo 7 Paesi permettono che informazioni e dati raccolti dalle tecnologie di intelligenza artificiale siano utilizzati come prove in tribunale e che le piattaforme tecnologiche siano penalmente e finanziariamente responsabili per aver assistito, facilitato o supportato la tratta.

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