“Paolo Borsellino, come Giovanni Falcone e altri magistrati, fu ucciso dalla mafia perché, con professionalità, rigore e determinazione, le aveva inferto un colpo durissimo, disvelandone la struttura organizzativa e l’attività criminale. La mafia li temeva perché avevano dimostrato che non era imbattibile e che la Repubblica era in grado di sconfiggerla con la forza del diritto”. Lo dichiara il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 30° anniversario della strage di via D’Amelio, a Palermo.
Nel rendere omaggio alla memoria del magistrato e a quella degli agenti della sua scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, “che con lui persero la vita a causa del loro impegno in difesa della legalità delle istituzioni democratiche”, il capo dello Stato sottolinea che “Borsellino aveva ferma convinzione che il contrasto alla mafia si realizzasse efficacemente non solo attraverso la repressione penale, ma soprattutto grazie a un radicale cambiamento culturale, a un impegno di rigenerazione civile, a cominciare dalla scuola e dalla società”. “Preservarne la memoria – ammonisce il presidente – vuol dire rinnovare questo impegno nel tenace perseguimento del valore della legge, del diniego nei confronti del compromesso, dell’acquiescenza e dell’indifferenza che aprono la strada alla sopraffazione”. “Il suo ricordo – evidenzia il capo dello Stato – impone di guardare alla realtà con spirito di verità, dal quale l’intera comunità non può prescindere. Quell’anelito di verità che è indispensabile nelle aule di giustizia affinché i processi ancora in corso disvelino appieno le responsabilità di quel crudele attentato e degli oscuri tentativi di deviare le indagini, consentendo così al Paese di fare luce sul proprio passato e poter progredire nel presente”.