“È tempo di uscire, di camminare insieme, è tempo di martirio e di profezia, per servire la cultura dell’incontro”. Lo si legge nel messaggio finale diffuso ieri, al termine dell’Assemblea straordinaria del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), che si è tenuta a Bogotá, nella nuova sede dell’organismo. Le caratteristiche di questo momento storico richiedono di annunciare il Vangelo “con audacia e creatività”, risposte innovative che possono nascere da una Chiesa libera da pesanti fardelli e disposta a camminare insieme.
I vescovi latinoamericani chiedono “una spiritualità con gli occhi aperti per avere uno sguardo contemplativo”, a partire dall’incontro personale con Cristo, “presente nella realtà del continente e nel cuore della Chiesa; perché va oltre la contemplazione di natura asettica o distante. Al contrario, è sensibile al dolore e alle gioie dei popoli del continente”.
Il Celam fa appello per “porre fine al clericalismo e a ogni forma di abuso”, per i quali l’Assemblea del Celam si impegna a favorire la consultazione e il discernimento comunitario, consapevole dell’importanza della partecipazione dei laici e del suo impatto sul processo decisionale. Ciò, si legge nel messaggio, implica “crescere nella vita fraterna, ascoltando tutte le voci, anche di coloro che possono darci fastidio”, lavorando alla creazione di spazi e strutture che favoriscano la partecipazione, soprattutto delle donne e dei giovani. Sottolineando l’esperienza vissuta nell’Assemblea ecclesiale, uno dei primi passi di un futuro sinodale del continente, l’Assemblea straordinaria del Celam aderisce totalmente allo spirito che promuove la riforma della Curia Vaticana e, sulla scia dei martiri del continente, riafferma “l’opzione preferenziale per i poveri e la denuncia di tutto ciò che può intaccare la loro dignità”.
Oggi, essere una “Chiesa povera per i poveri” rappresenta un orizzonte che assume risolutamente gli insegnamenti di Papa Francesco in documenti, come l’esortazione apostolica postsinodale “Querida Amazonía”, nei quali mette in guardia sui rischi di un’economia che non rispetta l’ambiente e la ricchezza dei popoli originari, delle loro culture e visioni del mondo. Il documento si conclude con un appello al dialogo, al rispetto delle differenze senza paura di perdere l’identità, con la speranza che in tempi di conflitto armato, morte e desolazione, l’America Latina e i Caraibi si pongano come “spazi di pace e di vera fratellanza”.