“Contro il parere di parenti, amici e colleghi, sono tornato in Russia dopo entrambi gli avvelenamenti organizzati dall’Fsb nel 2015 e nel 2017. Altrimenti, non mi considererei autorizzato a continuare a impegnarmi in attività politiche, a sollecitare qualcuno a fare qualcosa, senza condividere io stesso i rischi”. Scrive così dalla cella numero 500 del carcere di custodia cautelare “Sizo-5” di Mosca Vladimir Kara-Murza, uno dei più noti dissidenti russi, arrestato il 12 aprile, dopo un suo intervento alla Camera dei deputati dell’Arizona, con l’accusa di “falsi sull’esercito russo”. Ieri il tribunale distrettuale Basmanny di Mosca ha prorogato la sua detenzione preventiva al 12 agosto, come ha riferito Ovd-Info. “Le proteste all’interno del Paese si sentono incommensurabilmente più forti di qualsiasi appello dall’esterno”, scrive ancora Kara-Murza in un articolo apparso su Vot-Tak Belsat, canale di informazione in russo che racconta e sostiene la dissidenza nei Paesi dell’ex Urss. È vero, continua il dissidente, che per chi rimane in Russia ci sono “davvero poche opportunità” di esprimere il proprio pensiero. E ironizza: “Ad esempio, ora ho solo carta e penna nella mia cella di prigione. Sto recuperando un’abilità a lungo dimenticata: scrivere in modo leggibile a mano”; sottolinea che “l’indubbio vantaggio del carcere è la mancanza di Internet e dei social network. Dà la possibilità di ossigenare la mente e staccare dall’eterno ciclo di dispute, discussioni e litigi”. Una delle discussioni è proprio quella tra chi invita gli oppositori del regime a lasciare la Russia e chi invece sceglie di restare. Secondo Kara-Murza, “il diritto di scegliere liberamente il proprio luogo di residenza è uno dei diritti inalienabili garantiti dalle convenzioni internazionali” e, quanto a lui, spiega: “Molto tempo fa, dato che sono un politico russo, dovevo essere nel mio Paese. Un politico è per definizione una persona pubblica e le sue azioni inviano un segnale a tanti altri. E questo impone una certa responsabilità che supera le considerazioni sulla sicurezza personale”. “Sono orgoglioso dei miei colleghi e compagni che, nonostante tutto, rimangono in Russia e continuano a opporsi apertamente all’aggressione criminale del regime di Putin contro l’Ucraina”, aggiunge Kara-Murza, citando alcuni che sono in prigione, altri che “sono (finora) liberi, ma tutti sono qui, nel loro Paese”. E conclude: “Non riusciamo a fare tutto bene. Probabilmente ci sbagliamo su molte cose. Abbiamo davvero pochissime possibilità. Ma a volte è importante il semplice esserci, stare vicino e dire: ‘Eccomi. Non ho paura’”.