“Ciò che spegne la luce si potrebbe chiamare superbia, egoismo, vittimismo, pigrizia, chiusura, arroganza. Davanti alla morte e davanti all’esempio di questo cristiano, sacerdote e vescovo la luce non può che ritornare accesa”. Lo ha detto mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, nell’omelia pronunciata ieri in cattedrale in occasione delle esequie di mons. Michele Scandiffio, vescovo emerito di Acerenza. “Nessuno di noi può ritenersi sale e luce solo per mostrare agli altri quanto si è buoni. Chi è immerso in Dio si lascia portare da lui, fa trasparire il suo volto pieno di luce e fa desiderare la luce – ha aggiunto il presule -. Chi si lascia impastare dall’amore del Signore e vive di quest’amore fa gustare, con la sola sua presenza, quella del Salvatore”.
Nella sua omelia, l’arcivescovo di Matera ha anche ricordato come “nella sua lunga vita, fino alla fine, mons. Scandiffio ha messo in movimento per le strade della vita tantissimi preti, seminaristi, laici e vescovi che continuano a guardarlo come modello di pastore”. Infine, l’importanza che aveva la celebrazione della messa per il vescovo defunto. Celebrazione che mons. Caiazzo nei giorni scorsi aveva vissuto con lui: “Nell’Eucaristia si riprende forza nel nostro cammino affinché non ci sia mai separazione tra preghiera e vita: è la preghiera che dà sempre vita, è l’Eucaristia il cibo di vita eterna”.