Dalla Fnopi arrivano, contro la violenza, cinque proposte concrete, illustrate ai senatori, partendo dalla consapevolezza che “gli infermieri sono i primi a riconoscere questi casi”.
La prima proposta è la “messa in rete almeno in ambito regionale di tutti i pronto soccorso per conoscere gli accessi e le cause/diagnosi”. Poi, si suggerisce il “contrasto e l’identificazione di strumenti anche alle forme di violenza ‘economica’” e “l’implementazione di servizi all’interno del sistema pubblico e di servizi per la presa in carico della persona violenta che ne ha consapevolezza e chiede aiuto”. E, ancora, “il rafforzamento, soprattutto nelle ore serali/notturne dell’integrazione dei servizi sanitari con i servizi sociali territoriali per l’accoglienza logistica della vittima di violenza”. Infine, la “definizione di corsi di formazione per il personale infermieristico con contenuti specifici in materia di violenza, abilità comunicative e anche di natura giuridico/forense per favorire la gestione appropriata degli episodi di violenza”. “Nei casi di rilevazione di fenomeni di violenza, l’importanza sia della prima rilevazione che della successiva valutazione richiede che entrambe siano compiute da professionisti formati e preparati – ha spiegato Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) durante l’audizione che si è svolta oggi in Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, e su ogni forma di violenza di genere, al Senato -. E gli infermieri sono essenziali anche per riconoscere gli episodi di violenza domestica. Solitamente intervengono sia in emergenza che in assistenza domiciliare nei casi di bisogni di salute e la loro attività riguarda il 40% circa degli interventi in emergenza (il 5-6% riguarda i medici, la restante quota è del volontariato) e più del triplo degli interventi e degli accessi rispetto alle altre professioni nell’assistenza domiciliare”.