Martedì 28 giugno, presso l’aula magna del Seminario arcivescovile di Cagliari, si è svolto il convegno promosso dall’Ufficio diocesano di pastorale penitenziaria. Tema al centro dell’incontro “Chiesa e carcere in dialogo”.
Per l’arcivescovo di Cagliari, mons. Giuseppe Baturi, “l’idea di istituire l’Ufficio per la pastorale penitenziaria è finalizzato a coinvolgere la comunità, in tutte le sue componenti, ma anche le istituzioni, non semplicemente per affrontare un ‘problema’ ma per venire incontro alle esigenze dei fratelli detenuti. Un servizio non solo per coloro che espiano una pena, ma anche per le necessità delle loro famiglie, del successivo reinserimento in un quartiere, nelle parrocchie di appartenenza, dove si può contare sulla conoscenza e sull’amicizia del parroco. L’operato della pastorale penitenziaria deve essere orientato a rendere possibile un vero cambiamento della vita. Non possiamo infatti lavorare in questo campo senza una stima, senza aver fiducia nella dignità dell’uomo che, sempre, può costruire un nuovo futuro. Un’azione concreta affinché questi fratelli non siano solo destinatari di una buona azione ma protagonisti del proprio riscatto e del proprio futuro”.
“Avviare un nuovo Ufficio di pastorale carceraria – ha sottolineato don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane – significa tenere vivo lo sguardo di tutta la diocesi su queste realtà di periferia esistenziale e esprimere vicinanza a coloro che vivono tale condizione di vita. Talvolta anche i cappellani si sentono un po’ soli. Il nostro servizio è un modo concreto per rendere più vicina la comunità, rendendola consapevole e partecipe del mondo di sofferenza e di emarginazione nel quale vive la Chiesa, tramite sacerdoti e volontari, annuncia il vangelo della misericordia. Nei reclusi si nasconde la misteriosa presenza del Signore: ‘Ero carcerato e siete venuti a visitarmi’. Per questo motivo il carcere è una grande sfida pastorale e di evangelizzazione”.
Il direttore della Casa circondariale di Uta, Marco Porcu, ha evidenziato: “È innegabile che gli obiettivi dell’amministrazione penitenziaria e quelli della Chiesa cattolica sono convergenti. Pertanto, il dialogo con gli operatori pastorali, sacerdoti e volontari, è sempre autentico e collaborativo”.
“Oggi le pene inflitte ai minorenni – ha affermato il direttore dell’Istituto di pena minorile di Quartucciu, Enrico Zucca – prevedono diverse possibilità di espiazione, non necessariamente con la reclusione presso una struttura. Pertanto, l’attenzione dell’Ufficio diocesano di pastorale penitenziaria dovrà essere rivolta anche ai numerosi ragazzi sottoposti a misure penali esterne. Inoltre, è fondamentale che si studino possibilità di intervento nei contesti locali che coinvolgano varie agenzie educative, compresi gli oratori, al fine di prevenire, affrontare e, possibilmente, cercare di risolvere i disagi sociali dei giovani, oggi resi ancora più gravi a causa della lunga pandemia”.