“Se facessimo un minuto di silenzio per ciascuna delle vittime del conflitto armato, il Paese dovrebbe tacere per 17 anni”. Lo ha detto padre Francisco De Roux, presidente della Commissione per il chiarimento della verità (Cev), presentando martedì 28 giugno a Bogotá il rapporto dell’organismo su oltre mezzo secolo di conflitto. “Il nostro primo saluto e la nostra espressione di cuore è per voi donne, uomini, ragazze e ragazzi, persone Lgbtiq, comunità etniche, a tutte le vittime della Colombia. Siamo qui per voi”, ha esordito.
“Oggi – ha proseguito – portiamo un messaggio di verità, per fermare l’intollerabile tragedia di un conflitto armato in cui l’80% delle vittime sono civili non era combattente. Chiediamo di guarire il corpo che formiamo come nazione”. C’è la possibilità, “davanti a noi, di fare nostra, come corpo di una nazione responsabile, la ferita dei nostri 10 milioni di vittime e di trasformarci in una nazione inclusiva, giusta e riconciliata”. Ma, al tempo stesso, “c’è ancora un conflitto tra diversi attori che possono riprendere vigore in un altro periodo di scontro totale, se non si prendono seri passi verso la costruzione di una grande pace”.
Ha affermato il presidente: “Chiediamo alle nazioni amiche di aiutarci a fare della Colombia un esempio di riconciliazione, di smettere di considerarci un Paese che ha bisogno di armi per sopravvivere al conflitto. Di non darci nulla per la guerra”.
Il gesuita non ha avuto parole tenere verso la Chiesa colombiana (e del resto qualche mese fa era stato lo stesso presidente dell’episcopato, mons. Luis José Rueda, a chiedere perdono per le storiche mancanze dalla Chiesa di fronte al conflitto). “Cos’hanno fatto i vescovi, cosa ha fatto la comunità religiosa, cosa ha fatto la Chiesa cattolica di fronte ai costruttori di pace, ai leader sociali assassinati, che donavano la loro vita per l’amore di Dio?”. Padre De Roux ha continuato rivolgendosi ai leader religiosi, chiedendo loro di “riflettere sul vuoto spirituale di un popolo di tradizioni di fede, immerso in una crisi umanitaria di sfiducia e morte”.
Forti le richieste rivolte all’intera società: “Invitiamo la nazione a superare il razzismo strutturale, l’ingiusta esclusione che è stata data agli indigeni, afrocolombiani e rom che sono stati colpiti in modo sproporzionato dal conflitto. Chiediamo alla società l’impegno ad assumere un profondo cambiamento degli elementi culturali che ci hanno portato all’incapacità di conoscere l’altro come esseri umani di pari dignità”. E ha concluso: “Non possiamo rimandare, come abbiamo fatto dopo milioni di vittime, il giorno in cui ‘la pace è un dovere e un diritto obbligatorio’, come espresso nella nostra Costituzione”.