“Lo spessore di una comunità ecclesiale dipende da come sa trattare le situazioni di fragilità, quindi anche le persone cin disabilità”. Lo ha detto mons. Giuseppe Baturi, vicepresidente della Cei e arcivescovo di Cagliari, a margine del primo convegno nazionale promosso dal Servizio per la pastorale delle persone con disabilità della Cei dal titolo “Noi non loro”. “Dobbiamo essere grati – ha ricordato – agli ordini religiosi che in secoli di lavoro hanno preso a cuore e in cura queste persone. Adesso la sensibilità è più diffusa, abbiamo compreso che è necessario non semplicemente rispondere a dei bisogni, segregando le persone, ma aiutandole nei loro contesti, nelle strutture e negli istituti. Soggetto fondamentale è la comunità. Il punto in avanti in questo momento è la capacità della comunità di integrare le persone con disabilità rendendole protagoniste del proprio riscatto, partecipi nelle strutture e nelle associazioni nella definizione di un progetto di vita spirituale, umano, cristiano e sociale credibile. Questo – ha concluso – è un punto importantissimo: il diffondersi di tante associazioni dice che la persona con disabilità non può essere solo il terminale di una buona azione ma deve essere protagonista di una azione comunitaria che non ha come punto di riferimento un bisogno ma una persona”.