Dei 60 milioni di ettari di superficie totale dell’Ucraina, “il 55% è classificato come terreno coltivabile, la percentuale più alta in Europa. A milioni di abitanti dei villaggi ucraini, con la privatizzazione dei terreni durante il processo di riforma agraria, sono stati assegnati piccoli appezzamenti di terreni, in media quattro ettari che in precedenza, sotto l’Unione Sovietica, erano di proprietà statale o comunale. I grandi investitori con il tempo hanno aggirato il divieto di vendita della terra imposto dalla moratoria grazie alla messa in atto di contratti di affitto. La mancanza di capitale e la frammentazione degli appezzamenti ha costretto molti contadini dei villaggi ad affittare a cifre irrisorie la loro terra, oggi migliaia di questi appezzamenti sono concentrati sotto il controllo di grandi aziende agricole”. Lo denuncia oggi il V Rapporto “I padroni della Terra. Rapporto sull’accaparramento della terra 2022: conseguenze sui diritti umani, ambiente e migrazioni”, ideato e redatto da Focsiv-Federazione degli organismi cristiani servizio internazionale volontariato, nell’ambito della campagna “Abbiamo riso per una cosa seria”,
“La guerra dell’Est europeo, così come la pandemia prima, non ha rallentato il fenomeno, anzi sono proprio queste crisi, come quella del 2008 con il crollo di Wall Street, che generano ed alimentano la competizione degli attori sovrani e di mercato più potenti per accordarsi con le élite locali appropriandosi di terre fertili e di risorse minerarie per il proprio tornaconto a discapito dei popoli che da secoli vi vivono”, rileva il Rapporto che è stato presentato oggi a Roma.
Si mette anche in evidenza come “la digitalizzazione stia facilitando le operazioni di accaparramento con la creazione di registri e certificazioni digitali, mostrando come questa non sostenga i diritti alla terra delle comunità contadine, ma la loro frustrazione da parte di chi si appropria del potere. Le nuove tecnologie informatiche, in linea di massima, appaiono piegate agli interessi di privatizzazione e finanziarizzazione dei terreni. Mentre Facebook diventa uno spazio per il commercio della terra, situazione per la quale la piattaforma social si sente non coinvolta”.
Un’altra situazione drammatica legata al land grabbing è la deforestazione per lo sfruttamento delle risorse naturali – 11,1 milioni di ettari di foreste tropicali perse nel 2021 – a favore dell’espansione delle grandi piantagioni monocolturali. Le conseguenze sono “pesanti e molteplici: perdita della biodiversità e dei relativi servizi ecosistemici, espulsioni delle popolazioni native e contadine, insicurezza umana e nuove tensioni”.
Essenziale è il ruolo della finanza e, in particolare, delle banche pubbliche di sviluppo, come la Cassa Depositi e Prestiti. Tuttavia, “alcune di queste sono coinvolte nel finanziamento di investimenti insostenibili. È necessario che esse si dotino di meccanismi efficaci e trasparenti di valutazione ex ante, di controllo e di accesso alla giustizia, sostenendo le richieste delle comunità locali. La stessa Cassa Depositi e Prestiti deve adottare questi meccanismi al più presto”.