La Chiesa che è in San Severo esprime “profondo sgomento e dolore” per la notizia della morte di Joof Yusupha, 35 anni, originario del Gambia, scomparso tragicamente nell’insediamento di Torretta Antonacci a causa di un incendio scoppiato nell’angusta baracca in lamiera dove dormiva.
“Questa ennesima tragedia ci riempie il cuore d’indignazione perché in questo territorio assistiamo impotenti da troppi anni al sacrificio di vite umane oltre a subire la vergogna di tenere ancora in piedi luoghi in condizioni inaccettabili di degrado, simbolo di sfruttamento e di illegalità – si legge nella nota diffusa dalla diocesi di San Severo -. Già da alcuni mesi sono state stanziate ingenti risorse del Piano nazionale di resistenza e resilienza per il superamento degli insediamenti informali abitati dai lavoratori migranti (103,5 milioni di euro sul totale di 200 destinati alla sola Provincia di Foggia, dei quali 28 al Comune di San Severo)”.
Di qui il monito: “È urgente, dunque, pianificare un graduale svuotamento dei ghetti attraverso azioni concrete che possano incidere sui vari segmenti della complessa problematica dello sfruttamento lavorativo in agricoltura. Non basta offrire soltanto una soluzione alloggiativa senza pensare ai temi dell’intermediazione fra domanda e offerta di lavoro, dei trasporti, dei diritti dei lavoratori e quello fondamentale della regolarizzazione dei documenti”.
Yusupha viveva fino a poco tempo fa a San Severo. A causa delle restrizioni imposte dai “decreti sicurezza” non è riuscito a rinnovare il suo permesso di soggiorno e “si è visto costretto a entrare nell’invisibilità, abitando il ghetto di Torretta Antonacci dove ha trovato tragicamente la morte”, ricorda la nota.
La Chiesa diocesana, attraverso il progetto Sipla (Sistema integrato protezione lavoratori agricoli) finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, gestito dalla Caritas diocesana, “continua instancabilmente il suo impegno a fianco dei lavoratori migranti attraverso lo sportello fisso e l’unità mobile negli insediamenti informali, ascoltando i bisogni e orientando ai servizi del territorio; offrendo la possibilità dell’iscrizione anagrafica attraverso la residenza fittizia e il domicilio presso la Caritas e alcune parrocchie; offrendo corsi di formazione professionale e attività di sostegno volte all’inserimento lavorativo presso aziende del territorio; accompagnando le persone verso l’autonomia abitativa e offrendo attività di inclusione sociale”.
La diocesi conclude con l’auspicio di “un lavoro sinergico tra Istituzioni, associazioni datoriali, sindacati, Terzo Settore e gli stessi lavoratori per una progettazione condivisa e celere degli interventi volti a cancellare la vergogna dei ghetti per non piangere più morti ingiuste e drammatiche come quella di Yusupha”.