Un gruppo di 87 pellegrini della diocesi di Forlì-Bertinoro, guidato dal vescovo, mons. Livio Corazza, ha compiuto un pellegrinaggio in Terra Santa dal 17 al 24 giugno scorsi. Il pellegrinaggio era stato organizzato nel 2019 e previsto per il 2020. La pandemia ne ha impedito la realizzazione finora, ma non ha demoralizzato i pellegrini: nessuno ha cancellato l’iscrizione, e ora finalmente hanno potuto visitare i Luoghi Santi, quasi tutti per la prima volta. “Qui siamo un gruppo, ma rappresenta tutta la diocesi che è in cammino, in cammino in generale, poi quest’anno anche il cammino sinodale”, ha detto mons. Corazza parlando al Christian Media Center. “I nostri zaini sono pieni di tanti desideri e di tante preoccupazioni, quelle di ognuno di noi e quelle ci sono state affidate da tanti nostri amici e familiari – ha aggiunto -. Veniamo qui sapendo di trovare nel Signore, che ha condiviso la nostra sofferenza, una nuova luce e una nuova speranza”. Il pellegrinaggio della diocesi di Forlì, tra le prime diocesi italiane a tornare in Terra Santa, è partito dalla Galilea: il rinnovo delle promesse matrimoniali a Cana, la visita a Nazareth, con la processione “aux flambeaux”, la sosta a Cafarnao e Tabga, dove Pietro ha ricevuto il primato da Gesù, l’ascesa al Monte delle Beatitudini e al Tabor. Il pellegrinaggio è proseguito verso Betlemme, dove i pellegrini hanno visitato a Grotta della Natività. Da lì sono partite le escursioni per Gerico, con il rinnovo delle promesse battesimali al fiume Giordano, e Masada. A Gerusalemme, i pellegrini hanno incontrato il patriarca Pierbattista Pizzaballa che ha descritto la realtà della Chiesa di Gerusalemme. Altro momento caratteristico quello della Via Crucis lungo la Via Dolorosa, la stessa percorsa da Gesù.
“Noi andiamo verso il Santo Sepolcro – ha detto mons. Corazza -: si chiama così però in realtà è un sepolcro vuoto, dovremmo chiamarla la Basilica della Risurrezione – altrimenti non avrebbe molto senso andare semplicemente a vedere una tomba, una tomba vuota. È una tomba vuota perché Uno è risorto e ha riacceso una speranza che, nonostante tutte le sofferenze, nessuno riuscirà mai più a spegnere”. Il pellegrinaggio ha toccato anche i principali santuari sul Monte degli Ulivi, il muro del pianto e due tappe insolite: Masada e lo Yad Vashem. L’ultima serata è stata l’occasione per saluti e ringraziamenti, pieni di gratitudine e commozione. E non poteva mancare “Romagna mia” dedicata ai frati francescani della Custodia di Terra Santa che hanno accompagnato i pellegrini lungo tutto il percorso. “Il vero pellegrinaggio comincia adesso”, ha detto il vescovo. Quanto vissuto “deve incoraggiarci a camminare nel pellegrinaggio quotidiano che siamo chiamato a compiere” e “incoraggiare l’amore per la Terra Santa”. L’ultimo giorno una sosta a Ain Karem, il luogo della visitazione di Maria ad Elisabetta, e poi il rientro in Italia. “È adesso, in questo momento, che siamo chiamati ad essere cristiani: se non ora, quando? Allora veniamo qui, alla sorgente, da dove tutto è partito, per poter noi per primi ritrovare nuova energia, nuovo slancio, per poterlo poi anche donare agli altri che incontreremo”.