L’Ucraina è “solo all’inizio di una profonda crisi umanitaria che rischia di degenerare presto in una catastrofe umanitaria”. È il grido di allarme lanciato questa mattina da Kiev da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, intervenendo in via telematica all’Assemblea generale della Riunione Opere di aiuto alle Chiese orientali (Roaco). La giornata di oggi è dedicata alla situazione in Ucraina, attraverso gli interventi dell’arcivescovo maggiore Shevchuk, del nunzio apostolico, mons. Visvaldas Kulbokas, e in riferimento agli sviluppi ecumenici del card. Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani. Prenderà la parola anche Tetiana Stawnychy, presidente della Caritas Ucraina, che si soffermerà a parlare delle opere umanitarie e caritative. “Lo scontro armato, che mette in atto la guerra totale, la guerra della terra bruciata, ha effetti devastanti sulla popolazione civile e sull’infrastruttura vitale delle nostre città e villaggi”, ha detto oggi Sua Beatitudine. “In questi 119 giorni di guerra, l’Ucraina ha perso la metà del suo potenziale economico” e c’è consapevolezza che “l’inverno che dovremo affrontare, dal punto di vista delle forniture del riscaldamento e dei viveri, sarà il più difficile della storia del nostro Paese”, tanto che “il freddo e la fame” potranno “uccidere insieme a missili, razzi e bombe russe”. Gli stessi organismi internazionali per gli aiuti umanitari, che hanno esperienza di operazioni di soccorso e di salvataggio in Afghanistan, Siria, Iraq e Libia e negli altri Paesi del mondo degli ultimi decenni, “confessano di essere sconvolti e talvolta anche scoraggiati dalle dimensioni e dalla gravità della situazione umanitaria in Ucraina, perché questa guerra supera ampiamente tutto quello che loro hanno visto prima”. Per rispondere alle emergenze, sono state riorganizzate la Caritas Ucraina e il Centro di emergenza della Curia dell’Arcivescovado maggiore. Sua Beatitudine ha raccontato che la Caritas ha distribuito fino ad ora il 20 per cento degli aiuti umanitari arrivati in Ucraina dall’estero mentre il Centro di emergenza coordina l’arrivo e la distribuzione in Ucraina degli aiuti umanitari nelle zone più colpite e alle persone più vulnerabili, perché “è parte della cultura ucraina che le persone si avvicinino alle parrocchie più che alle strutture di servizio sociale”, dice Shevchuk. Il territorio del Paese, continua l’arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, è stato diviso in tre zone. La prima zona è quella dei combattimenti, dove “vige un regime di legge marziale molto rigido”. In queste zone non funzionano né negozi, né farmacie e in simili circostanze molte persone vulnerabili si trovano “intrappolate nelle loro case senza luce, acqua né riscaldamento, senza cibo né assistenza medica, esposte agli attacchi di razzi, missili e bombe”. Sua Beatitudine nota che tutti i suoi sacerdoti sono rimasti al loro posto e, “grazie alla loro presenza, siamo riusciti ad organizzare, anche nelle zone occupate, i centri di accoglienza, nella maggior parte dei casi abbiamo trovato il modo per far arrivare in quei luoghi gli aiuti umanitari e creare i corridoi verdi per l’evacuazione della popolazione civile”. La seconda zona è quella che confina direttamente con la zona dei combattimenti: questi territori sono diventati sia luoghi di prima accoglienza dei profughi in fuga da Est verso l’Ovest e dall’altra centri di smistamento degli aiuti umanitari. La terza zona è invece il territorio relativamente tranquillo dell’Ucraina occidentale: specialmente nelle zone al confine con l’Unione europea, si tratta di “spazi dell’assistenza e dell’accoglienza dei profughi”. Mons. Shevchuk sottolinea che le statistiche parlano di circa 6 milioni di ucraini che hanno lasciato la patria, specialmente donne e bambini, e di circa 8 milioni di sfollati interni, in un fenomeno “di per sé molto complesso e in continua evoluzione”. Sua Beatitudine ha infine ringraziato le fondazioni di beneficenza per la “speciale attenzione per l’Ucraina, la solidarietà e la collaborazione tangibile che avete potuto esprimere alle Chiese e alla nostra gente in Ucraina, e per l’accoglienza dei milioni di profughi sia nei Paesi confinanti con il nostro, sia in altri Paesi d’Europa e del mondo” e in particolare ha rivolto le parole di ringraziamento al card. Sandri “per la vicinanza e l’impegno quotidiano per la pace in Ucraina”.