Il governo russo “dovrebbe garantire che la pena di morte inflitta a Brahim Saadoune non sia eseguita” e che siano rispettati “i diritti della Convenzione, in particolare per quanto riguarda gli articoli 2 (diritto alla vita) e 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti) della Convenzione”, oltre che “assicurare le condizioni appropriate della sua detenzione e fornirgli tutta l’assistenza medica e i farmaci necessari”. Così ha scritto la Corte europea dei diritti dell’uomo, in una “misura provvisoria” (procedura prevista nei casi che richiedono pronunciamenti urgenti) emessa in risposta all’istanza presentata il 14 giugno per il cittadino marocchino condannato a morte da un tribunale della cosiddetta Repubblica popolare del Donetsk, insieme a due cittadini britannici. Classe 2000, marocchino di origine, Saadoune si era trasferito a Kiev nel 2019 per motivi di studio. Nel novembre 2021 si era arruolato nella 36ª brigata navale distaccata delle Forze armate dell’Ucraina a Mariupol ed era tra i 1026 combattenti che si sono arresi il 13 aprile 2022 all’esercito russo. Sulla base del codice penale della Repubblica popolare del Donetsk, che il 9 giugno lo ha condannato a morte, sono tre i capi di accusa mossi contro Saadoune, tra cui quello di partecipazione a un conflitto armato come mercenario e partecipazione in attività terroristiche. La Corte ha dato tempo due settimane alla Russia per dimostrare il rispetto dei diritti di Saadoune, previsti dalla Convenzione.