“Il linguaggio teologico dev’essere sempre vivo, dinamico, non può fare a meno di evolversi e deve preoccuparsi di farsi comprendere”. Lo scrive il Papa, nel discorso consegnato durante l’udienza ai formatori del Seminario arcivescovile di Milano, in occasione del 150° anniversario della rivista “La Scuola Cattolica”. “A volte le prediche o le catechesi che ascoltiamo sono fatte in buona parte di moralismi, non abbastanza ‘teologiche’, cioè poco capaci di parlarci di Dio e di rispondere alle domande di senso che accompagnano la vita della gente, e che spesso non si ha il coraggio di formulare apertamente”, la denuncia di Francesco, secondo il quale “uno dei maggiori malesseri del nostro tempo è infatti la perdita di senso, e la teologia, oggi più che mai, ha la grande responsabilità di stimolare e orientare la ricerca, di illuminare il cammino”. “Domandiamoci sempre in che modo sia possibile comunicare le verità di fede oggi, tenendo conto dei mutamenti linguistici, sociali, culturali, utilizzando con competenza i mezzi di comunicazione, senza mai annacquare, indebolire o ‘virtualizzare’ il contenuto da trasmettere”, l’invito del Papa: “Quando parliamo o scriviamo, teniamo sempre presente il legame tra fede e vita, stiamo attenti a non scivolare nell’autoreferenzialità”. “In particolare voi, formatori e docenti, nel vostro servizio alla verità, siete chiamati a custodire e comunicare la gioia della fede nel Signore Gesù, e anche una sana inquietudine, quel fremito del cuore di fronte al mistero di Dio”, scrive ancora Francesco: “E sapremo accompagnare altri nella ricerca quanto più viviamo noi questa gioia e questa inquietudine. Cioè quanto più siamo discepoli”.