“Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare”. Ne è convinto il Papa, che nel Messaggio per la Giornata mondiale dei poveri, in programma il 13 novembre, ribadisce che “davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno”. “A volte, invece, può subentrare una forma di rilassatezza, che porta ad assumere comportamenti non coerenti, quale è l’indifferenza nei confronti dei poveri”, la denuncia di Francesco: “Succede inoltre che alcuni cristiani, per un eccessivo attaccamento al denaro, restino impantanati nel cattivo uso dei beni e del patrimonio. Sono situazioni che manifestano una fede debole e una speranza fiacca e miope”. “Sappiamo che il problema non è il denaro in sé, perché esso fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali”, argomenta il Papa: “Ciò su cui dobbiamo riflettere è, piuttosto, il valore che il denaro possiede per noi: non può diventare un assoluto, come se fosse lo scopo principale. Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri”. “Non si tratta, quindi, di avere verso i poveri un comportamento assistenzialistico, come spesso accade; è necessario invece impegnarsi perché nessuno manchi del necessario”, la ricetta di Francesco: “Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto”.