C’è una guerra nella guerra in Ucraina, quella che si sta combattendo contro la fame e la povertà in cui le persone sono sprofondate sotto i bombardamenti e le macerie. A raccontarcela è don Vyacheslav Grynevych, direttore della Caritas-Spes Ucraina. “Ho visto le statistiche”, esordisce. “Dicono che se la guerra continuerà ancora per lungo tempo, il 90% della popolazione ucraina può ritrovarsi al di sotto della soglia di povertà”. I segni della crisi cominciano a vedersi e a pesare. “Altre statistiche dicono che 5 milioni di persone hanno perso il lavoro. Il prezzo della benzina si è alzato tantissimo subito dopo la guerra e continua ad aumentare. Di conseguenza anche i prezzi dei beni di prima necessità si sono duplicati. I volontari, per esempio, che lavorano nei centri di Caritas-Spes, hanno un’età compresa tra i 30 e 45 anni. Sono tutte persone che hanno perso il lavoro ma vogliono essere utili per la società e chiedono di poter lavorare come operatori. Come Caritas – dice il direttore – ci stiamo chiedendo a questo punto cosa possiamo fare per questo popolo che lavora per noi”. Questa povertà si vede specialmente nei piccoli villaggi dove gli abitanti erano già poveri prima della guerra. “Adesso la situazione è grave, anzi gravissima. Molti bambini sono stati lasciati ai nonni. Durante gli attacchi, i russi sono entrati nelle case e hanno rubato tutto”. È emergenza disoccupazione. A perdere il lavoro sono soprattutto le attività che avevano contratti con la Russia e la Bielorussia precedenti alla guerra. “In Ucraina – spiega don Vyacheslav – ci sono molte aziende che erano legate a Mosca e ora si trovano nelle condizioni di dover trasferire altrove in Europa i loro business. Ma non è facile perché è un periodo economico molto difficile per tutti”. Sono poi le piccole e medie imprese ad aver maggiormente sofferto della crisi. Un esempio che la povertà sta diventando un problema diffuso è il call center attivato da Caritas-Spes qualche mese fa.
“All’inizio le chiamate erano più o meno 150 alla settimana”, racconta don Vyacheslav. “Ma solo nella giornata di ieri (8 giugno, n.d.r.), abbiamo ricevuto più di 1.500 chiamate. La rete si è intasata più volte”. A rispondere ci sono solo 2 operatori. Prendono le richieste di aiuto e le ridistribuiscono ai centri Caritas diffusi su tutto il territorio. Generalmente a chiamare sono soprattutto donne, di età media. Chiedono cibo. “Il problema è quando chiamano dai piccoli villaggi più periferici del Paese dove è difficile per i nostri operatori arrivare. Stiamo cercando di capire come fare”. Intanto, laddove c’è un punto Caritas, la gente si mette in fila per ore per ricevere un pacco viveri. Nella città di Vinnytsia, nella parte centrale dell’Ucraina, sono arrivati molti sfollati interni. Qui, fin dai primi giorni del conflitto, i volontari e il direttore di Caritas-Spes hanno creato un centro dove una volta alla settimana, il mercoledì, distribuiscono gli aiuti umanitari. Arrivano 1.500/2.200 persone. “Le persone aspettano in fila anche per 3, 4 ore per ricevere il pacco”, dice don Vyacheslav. “La cosa che colpisce è che in fila ci sono persone che arrivano con delle belle macchine. È segno che la povertà ha cominciato a colpire anche la classe media. È segno che le persone hanno fame, anche perché dentro ai pacchi della Caritas, ci sono cibi semplici come conserve di carne, pasta, riso, acqua, dei dolci. Ci dicono che a Dnipro, le persone in fila che aspettano di ricevere il pacco, sono 7 mila”. “Noi, come Chiesa, come Caritas-Spes non abbandoneremo nessuno”, assicura don Vyacheslav. “Cerchiamo di trovare un aiuto per ciascuno. In alcuni momenti è difficile. Perché queste persone non hanno solo fame di cibo ma hanno anche fame di pace. Hanno fame di famiglia e relazione. E questa fame si vede, si sente, si condivide. Solo grazie agli aiuti che ci arrivano dall’Europa, noi qui possiamo continuare a stare accanto a queste persone, aiutarle concretamente e a non lasciarle sole”.