La Corte Suprema d’Israele ha posto fine in via definitiva alle battaglie legali intentate dal Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme per annullare l’acquisizione, da parte dell’organizzazione ebraica radicale Ateret Cohanim, di tre immobili situati nella Città Vecchia di Gerusalemme. Il pronunciamento del supremo organismo giudiziario israeliano, avvenuto mercoledì 8 giugno, ha confermato la sentenza precedentemente disposta, nel 2017 dalla Corte distrettuale di Gerusalemme che aveva già respinto le iniziative legali del Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme. Nel dicembre 2019, il contenzioso legale si era riaperto, dopo che un giudice del Tribunale distrettuale di Gerusalemme aveva messo in discussione il pronunciamento della Corte suprema. I giudici Daphne Barak Erez, David Mintz e Shaul Shohat – riportano i media israeliani citati dall’agenzia Fides – hanno affermato di non aver trovato “nessun errore” nella precedente sentenza emessa dal tribunale distrettuale di Gerusalemme, che nel 2020 aveva respinto una richiesta del Patriarcato greco ortodosso di riaprire il caso sulla base di nuove prove attestanti, a giudizio dei legali del Patriarcato, il “comportamento delinquente, che include l’estorsione e la frode” messo in atto da Ateret Cohanim per entrare in possesso degli immobili contesi. Ateret Cohanim è stata più volte coinvolta in controverse acquisizioni di beni immobiliari registrate negli ultimi decenni a Gerusalemme Est, in particolare nel quartiere cristiano della Città Vecchia. “Stiamo parlando”, ha dichiarato alle agenzie internazionali Asaad Mazawi, avvocato del Patriarcato greco ortodosso, “di un gruppo di estremisti che vogliono sottrarre le proprietà alle Chiese, vogliono cambiare il carattere della Città Vecchia e vogliono invadere le aree cristiane”. Un concetto espresso già nel 2017 dai Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme che in un documento congiunto denunciavano il “tentativo sistematico per minare l’integrità della Città Santa” e “per indebolire la presenza cristiana in Terra Santa”. Un progetto che, a giudizio dei Capi delle Chiese di Gerusalemme, si manifestava anche nelle “violazioni dello Status Quo” dei Luoghi Santi. In una dichiarazione diffusa dopo la sentenza della Corte Suprema, il Patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme ha confermato l’intenzione di continuare a sostenere i dipendenti palestinesi che ancora si trovano all’interno degli immobili contesi, richiamando l’urgenza di contrastare la “politica razzista e l’agenda dell’estrema destra in Israele”. Secondo quanto riportato dai media israeliani, Ateret Cohanim si sta preparando a sfrattare gli inquilini presenti nelle proprietà contese. Due dei tre edifici in questione, l’Hotel “Petra” e l’Hotel “Imperial”, si trovano nei pressi della Porta di Giaffa, considerata l’entrata più diretta per accedere al quartiere cristiano della Città Vecchia di Gerusalemme. La terza proprietà, sempre situata nel quartiere cristiano, è nota come “Muzamiya House”. La vendita dei tre immobili risale al 2004. La notizia della cessione aveva provocato proteste e malumori in seno alla comunità cristiana greco ortodossa, culminati con la deposizione del Patriarca Ireneo I da parte del Santo Sinodo con l’accusa di alienazione indebita di immobili del Patriarcato.