“L’attuale situazione del lavoro minorile è preoccupante. I bambini sono stati più duramente colpiti dalle conseguenze socioeconomiche del Covid-19. Noi stimiamo che 100 milioni di bambini in più siano caduti in povertà dall’inizio della pandemia. Con l’aumento del tasso di povertà infantile, aumenta anche il rischio di lavoro minorile”. Lo dichiara Catherine Russell, direttore generale dell’Unicef. “Per la prima volta dal 2000 il numero di bambini coinvolti nel lavoro minorile è aumentato fino a raggiungere circa 1 bambino su 10 nel mondo. Circa la metà di questi bambini è impegnata in lavori pericolosi che possono causare danni fisici ed emotivi. Un numero allarmante di bambini che lavorano è estremamente giovane. Nel 2020 c’erano 16,8 milioni di bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni in più coinvolti nel lavoro minorile rispetto al 2016”.
Le conseguenze del lavoro minorile sui bambini sono considerate “devastanti”, “con effetti a catena che possono durare tutta la vita”. “Il lavoro minorile viola il diritto di ogni bambino a essere un bambino e crescere libero da sfruttamento, abuso e violenza. Compromette anche l’istruzione dei bambini e limita le loro opportunità future, rafforzando i cicli di povertà”. “Sappiamo che la strada migliore per prevenire il lavoro minorile è investire in programmi di protezione sociale che possono aiutare le famiglie a superare le crisi. Per la maggior parte delle famiglie che affrontano crisi economica e instabilità, far lavorare un bambino è l’ultima scelta – che viene fatta solo quando non ci sono altre possibilità di sopravvivenza. Queste famiglie hanno bisogno di supporto diretto per aiutarle a superare le tempeste senza far lavorare i bambini. I programmi di protezione sociale sono una chiave per ridurre le vulnerabilità che rendono il lavoro minorile l’unica possibilità”.