“Nella supplica a Maria, Vergine del Rosario non possiamo non portare ‘le gioie e le speranze’ del percorso sinodale che stiamo vivendo e che il Santo Padre ci invita costantemente a percorrere con slancio e fiducia, lasciandoci guidare da Maria ‘donna sinodale’. Ma poi non possiamo non portare davanti al ‘cuore di madre’ della Vergine Maria ‘le tristezze e le angosce’ della guerra, della violenza e dell’odio che insanguinano oggi l’Europa e tante altre parti del mondo”. Lo ha detto, ieri, il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, nell’omelia della messa che ha preceduto la supplica alla Madonna di Pompei, celebrata in piazza Bartolo Longo, nella cittadina mariana. “Davanti alla Vergine Maria portiamo quindi il popolo dell’Ucraina e tutti coloro che oggi soffrono, scommettendo sull’umanità, come ci ricorda l’intuizione originaria di Pompei – ha proseguito il porporato –. Anche Dio ha scommesso sull’umanità e continua a farlo. Per intercessione di Maria, chiediamo anche noi di essere imitatori di Dio, capaci di scommettere su un’umanità capace di costruire e difendere la pace. Qualcosa ci lega tutti molto profondamente. Siamo fratelli tutti, accolti da Maria”. La scommessa sull’umanità, nella quale la Chiesa continua a credere con ogni forza, anche in tempi difficili come quelli attuali, trova forza nella carità e nella preghiera, che il cardinale ha definito “ingredienti” della Chiesa sinodale e “cardini” della cittadina mariana: “In particolare – ha osservato – qui a Pompei la carità ha assunto un tratto particolare: quello della scommessa sull’uomo, in particolare sugli ultimi, gli orfani, i figli dei carcerati. Una Chiesa sinodale è una Chiesa che scommette sull’uomo, facendosi imitatrice dello stile di Dio”. Per questo “preghiera e carità non possono mai essere separate: la carità dei discepoli e delle discepole di Gesù non è una filantropia ripiegata su sé stessa, ma consiste nel vivere lo stesso amore di Dio che invochiamo e contempliamo nella preghiera”. Commentando poi il Vangelo della domenica, il segretario del Sinodo ha ricordato come la Chiesa in cammino viva nella relazione tra il pastore e il suo gregge, un rapporto fondato sull’amore. “Un gregge – ha dichiarato – cammina insieme non perché i suoi membri si sono scelti, ma per la relazione che tutti hanno con l’unico pastore. Come il pastore è ciò che fa l’unità del gregge, così è Gesù che fa l’unità della Chiesa, della comunità dei suoi discepoli e discepole. Allora il fondamento dell’ascolto e della sequela non sta nelle pecore, ma nel pastore. Dobbiamo guardare a lui se vogliamo trovare il fondamento del nostro essere Chiesa”.