“È significativa la frase pronunciata ieri da Zelensky con la quale ha detto che non vuole essere il presidente di un’Ucraina ridotta ad 11 milioni di persone. Perché questa è una prospettiva reale, drammatica e crudele. Il fatto che ne abbia parlato apertamente è importante così come il fatto che abbia aperto a trattative chiedendo che la situazione torni a prima del 24 febbraio, il che significa niente Donbass e niente Crimea. La cui riconquista sono stati il ‘mantra’ degli ultimi mesi”. Così Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca, commenta al Sir l’attuale fase dell’invasione russa in Ucraina che si prolunga da oltre 10 settimane. “Credo che sia abbastanza importante quello che ha dichiarato ieri Zelensky”, osserva il giornalista: “Mi sembra una prima presa d’atto di quella che può essere la situazione concreta e reale, non quella descritta dai media internazionali. Ha detto che è sempre aperto a trattative di pace e che non vuole essere, un domani, il presidente di un’Ucraina ridotta ad 11 milioni di persone”. “Secondo me – aggiunge – questo significa che nel vertice ucraino ci si è resi conto che il rischio grosso è l’annientamento delle infrastrutture principali ucraine, la perdita di un pezzo importante del Paese e la fuga all’estero di una parte della popolazione, per via della povertà”.
Oltre alle dichiarazioni di Zelensky, Scaglione ripropone quelle di Andrei Turchak, segretario del partito di Putin, che a Kherson ha affermato che “la Russia è arrivata fin qui e si fermerà per sempre, bisogna dirlo alla gente perché non abbia più dubbi”. “Un messaggio chiaro”, commenta il giornalista. Rispetto alla fregata russa colpita ieri nel mar Nero, Scaglione sottolinea come sia “chiarissimo l’aiuto dell’intelligence americana a quella ucraina”. Questo vale anche per gli “improvvisi incendi in Russia di laboratori, depositi”. “È evidente che c’è una campagna di attentati che non possono essere opera solo dei servizi segreti ucraini che, per quanto siano anche loro diventati piuttosto efficienti, non hanno questa capacità. E poi sono stressati da altro, hanno da fare in patria”.