L’automatica attribuzione del solo cognome paterno “si traduce nell’invisibilità della madre” ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che “si riverbera e si imprime sull’identità del figlio”. Ciò comporta la contestuale violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. È quanto si legge nella sentenza n. 131 depositata oggi (redattrice la giudice Emanuela Navarretta), con cui la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 262, primo comma, del Codice civile “nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto”. L’illegittimità costituzionale è stata estesa anche alle norme sull’attribuzione del cognome al figlio nato nel matrimonio e al figlio adottato.
Con la sentenza, le cui motivazioni erano state anticipate lo scorso 27 aprile, la Consulta ha stabilito che il cognome del figlio “deve comporsi con i cognomi dei genitori”, nell’ordine dagli stessi deciso, fatta salva la possibilità che, di comune accordo, i genitori attribuiscano soltanto il cognome di uno dei due. Sarebbe, infatti, in contrasto con i principi costituzionali invocati impedire “ai genitori di avvalersi, in un contesto divenuto paritario”, dell’accordo per rendere un unico cognome segno identificativo della loro unione, capace di farsi interprete di interessi del figlio. Di conseguenza, viene precisato, l’accordo è imprescindibile per poter attribuire al figlio il cognome di uno soltanto dei genitori. In mancanza di tale accordo, devono attribuirsi i cognomi di entrambi i genitori, nell’ordine dagli stessi deciso. Qualora vi sia un contrasto sull’ordine di attribuzione dei cognomi, si rende necessario l’intervento del giudice, che l’ordinamento giuridico già prevede per risolvere il disaccordo su scelte riguardanti i figli. Tutto ciò, fintantoché il legislatore non decida di prevedere, eventualmente, altri criteri.
La Corte ha inoltre rivolto un duplice invito al legislatore. In primo luogo, ha auspicato un “impellente” intervento per “impedire che l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome”. Pertanto è opportuno che il genitore titolare del doppio cognome scelga quello dei due che rappresenti il suo legame genitoriale, sempre che i genitori non optino per l’attribuzione del doppio cognome di uno di loro soltanto. In secondo luogo, ha rimesso alla valutazione del legislatore “l’interesse del figlio a non vedersi attribuito – con il sacrificio di un profilo che attiene anch’esso alla sua identità familiare – un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle”. Anche al riguardo la sentenza segnala una possibile soluzione, e cioè che la scelta del cognome attribuito al primo figlio sia vincolante rispetto ai figli successivi della stessa coppia.