Di fatto, in Brasile si sta “istituendo la pena di morte attraverso operazioni di polizia, condotte perlopiù nell’illegalità” e in tal modo “il Brasile diventa il Paese con la più alta incidenza di esecuzioni sommarie e omicidi provocati dallo Stato”. Episodi che “vengono considerati ‘azioni esemplari’ dall’attuale presidente del Brasile”.
È la forte denuncia che arriva dalla Commissione Giustizia e Pace della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, assieme ad altri numerosi organismi ecclesiali che firmano il comunicato, che è stato scritto in seguito ad alcuni fatti accaduti negli ultimi giorni, ricordati nel testo.
Questa settimana, infatti, “il Paese ha assistito all’ennesimo massacro promosso dalla polizia, a Vila Cruzeiro”, nella periferia di Rio de Janeiro, dove sono state uccise 25 persone. Secondo uno studio promosso dall’Istituto Fogo Cruzado e dal Gruppo di studi sulle nuove illegalità dell’Università federale fluminense, in un solo anno di amministrazione del governatore Cláudio Castro sono stati compiuti 39 massacri, con 178 morti. Di questi massacri, 31 sono avvenuti durante operazioni di polizia. Un altro grave fatto è stato il brutale omicidio di Genivaldo de Jesus Santos, un operaio e padre di famiglia soffocato durante un intervento della polizia stradale federale, nella città di Umbaúba (Sergipe). Le scene violente dell’intervento hanno provocato una forte reazione nel Paese.
Prosegue la nota: “È tempo passato per dire basta alla violenza, alla militarizzazione della pubblica sicurezza, all’avanzata degli armamenti dilaganti, alle esecuzioni sommarie”. La sicurezza pubblica dev’essere “al servizio della vita della popolazione e non uno strumento di morte. Attualmente, la politica di pubblica sicurezza imposta oggi in Brasile segue gli stessi parametri di violenza e persecuzione razziale applicati negli Stati Uniti. Basti pensare che i gesti applicati a Genivaldo de Jesus, in parte, erano gli stessi usati con George Floyd nel 2020”.
Secondo la Commissione Giustizia e Pace, “le autorità pubbliche e le istituzioni ecclesiastiche devono esprimere in modo enfatico la loro repulsione a questa dinamica di sterminio. Non agire significa essere conniventi”.