“Noi siamo solitamente più sensibili per le vocazioni al sacerdozio ed alla vita consacrata, ma il discorso è più ampio. Ogni esistenza cristiana va interpretata come vocazione, risposta ad una chiamata, che fa trovare il proprio posto”. Lo ha scritto il vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Andrea Turazzi, nella lettera ai fedeli della diocesi in vista della 59ª Giornata mondiale per le vocazioni.
Dopo aver ricordato che per venerdì 6 maggio, alle 20.30, il Centro diocesano vocazioni ha promosso a Valdragone presso il santuario del Cuore Immacolato di Maria una preghiera corale, mons. Turazzi sottolinea che “alla preghiera per le vocazioni è specialmente dedicata la IV domenica di Pasqua, detta ‘del buon pastore’, quest’anno domenica 8 maggio”. “Raccomando che si facciano preghiere in ogni parrocchia, chiesa e comunità della diocesi”, l’esortazione del vescovo. Tema della Giornata è “Fare la storia” (FT 116).
“La scarsità di vocazioni – osserva mons. Turazzi – è motivo di preoccupazione per la costruzione di comunità cristiane e per il servizio al Vangelo. In realtà il Signore non smette di chiamare. Non si dimentica della sua Chiesa e lo Spirito Santo suscita nuovi apostoli per il nostro tempo”. “Il problema – rileva – è un altro: come stanno le nostre comunità, le famiglie e i giovani quanto a fede? Sappiamo accogliere le vocazioni? Sappiamo coltivarle? Ci accorgiamo delle nuove vocazioni come il diaconato o altre forme vocazionali di frontiera?”. “Le nostre comunità, mai come oggi, sono chiamate a dar prova di coraggiosa fantasia”, l’invito del vescovo, ammonendo: “È sbagliato pensare sia un problema degli altri, un impegno dei vescovi o degli operatori pastorali. Non è evangelico pregare così: ‘Signore, manda operai nella tua messe; manda altri, non me, manda qualcuno della famiglia vicina…’. Una comunità senza vocazioni è come una casa senza figli”. Infine, “un desiderio: che la nostra diocesi dia vocazioni alla Chiesa; che sia una comunità che prega (la preghiera è ascolto e accoglienza della volontà di Dio); che sia una comunità che chiama (non solo in paziente attesa, ma capace di proposte coraggiose); che sia una comunità missionaria, dove la domanda non è dove andare, ma – conclude il vescovo – come posso servire il Signore dove sono”.