“Quale ripresa? Per una sapienza pastorale dopo la pandemia”: è stato il titolo dell’assemblea ecclesiale regionale delle Chiese umbre che si è svolta oggi a Foligno, presenti i vescovi dell’Umbria e 25 delegati per ognuna delle otto diocesi. L’assise della Chiesa umbra si inserisce nel Cammino sinodale delle Chiese in Italia. Nel suo intervento di apertura lavori l’arcivescovo di Spoleto-Norcia e presidente della Conferenza episcopale umbra, mons. Renato Boccardo, ha parlato dell’assemblea come “un tempo di dialogo, di confronto, di scambio su convinzioni e pareri, anche diversi. Senza sognare soluzioni facili per una realtà complessa né cedere alla tentazione di diagnosi deprimenti; cercando piuttosto di individuare rimedi incoraggianti. Vorremmo riflettere perciò su come impostare una ripresa della pastorale, come ridare slancio, come tornare ad entusiasmarci dopo la dispersione della pandemia, di fronte alle conseguenze della crisi economica e ai traumi generati dalla guerra in corso, con il proposito di preparare magari un incontro più organico e strutturato nel prossimo anno”. La relazione centrale è stata affidata a mons. Erio Castellucci vescovo di Modena-Nonantola e Carpi, che partendo dall’attuale situazione storica e sociale della Chiesa in riferimento alle crisi che segnano il mondo, dalla guerra alla pandemia, dalle povertà alla questione ecologica, dall’immigrazione all’integrazione, ha evidenziato come “la crisi è una dimensione della vita che va abitata e gestita. Non possiamo vivere pensando di schivare le crisi. Il primo modo di affrontarle è la gioiosa fraternità. Una fede lamentosa non produce frutti. Il lamento c’è e – ha sottolineato Castellucci – serve come segnalazione di ciò che manca, ma nelle comunità deve essere presente in modo più incisivo la gioia del Vangelo. Una comunità fraterna, in un cammino di crescita condivisa, è più interessata a cogliere le ricchezze dell’altro, piuttosto che evidenziarne i limiti. Il troppo chiacchiericcio e la malevolenza allontanano dalla Chiesa: sono il veleno delle comunità, che sembra influire anche in modo rilevante sui giovani e il loro allontanamento dalla Chiesa”. Mons. Castellucci ha concluso il suo intervento con la suggestione data da tre parole: “Sale, lievito e luce, elementi che non bastano a se stessi ma che per produrre ed essere efficaci devono essere coniugati ad altri e ben dosati; a ribadire l’importanza di riconoscersi negli altri e con loro proseguire nel cammino cristiano della Chiesa in uscita, sempre più chiamata ad essere, come disse papa Benedetto XVI, ‘minoranza creativa’”.