“L’unità dei credenti non è mera questione di organizzazione, ma è frutto di un’azione divina, e deve essere storicamente visibile. Il mondo ha bisogno di vedere la nostra unità. Questa unità avrà un impatto decisivo sul mondo”: è quanto sostiene il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, nella sua meditazione settimanale al Vangelo della Domenica (la prossima 28 maggio) diffusa dal Patriarcato. Nel brano evangelico di Giovanni 17 (vv. 20-26), proposto dalla liturgia, “Gesù – scrive Pizzaballa – si rivolge direttamente a noi e ci indica il cammino della vita cristiana e ci dice innanzitutto che la fede, cioè la relazione con Lui, passa attraverso l’annuncio dei credenti. La fede non è affare privato, ma va comunicata e annunciata. Il credente non vive per se stesso; la fede cristiana si rafforza e cresce quando viene testimoniata. Vi è vita, quando qualcuno dona la vita. Vi è fede, quando qualcuno la dona. È la legge del cristiano. Una fede che non viene condivisa, si spegne, muore. È costitutivo dell’identità cristiana essere sempre pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in loro”. E “la prima forma di annuncio” spiega il patriarca “è l’unità dei credenti, segno e simbolo dell’unità tra Gesù e il Padre”. “Condividendo tra noi la vita, donandola vicendevolmente, nel comunicarla agli altri, nel custodire l’unità, noi partecipiamo alla vita divina. L’unità tra il Padre e Gesù viene estesa e condivisa ai credenti che, a loro volta, amandosi tra loro, la rendono visibile e comprensibile al mondo. Questa unità – conclude Pizzaballa – non ha nulla di intimistico, ma al contrario deve essere tangibile e visibile, perché solo così il mondo potrà fare esperienza di Gesù, solo così il mondo crederà in Gesù”.