“Dietro il loro passaggio non rimane più niente. La terra diventa un deserto di macerie, polvere e fuoco. Prima gettano le bombe. Poi passano con i carri armati e finiscono per distruggere tutto. E’ un massacro. Non ho mai visto nulla di simile. Mai un orrore così grande”. E’ don Oleh Ladnyuk, salesiano di Dnipro, a raccontare al Sir cosa sta succedendo in queste ore nel Donbass, la regione dove negli ultimi giorni si sono intensificati i combattimenti. Don Oleh non ha smesso di fare da spola tra le cittadine della regione e la piccola casa salesiana di Dnipro. È in macchina mentre parla. Tutti i giorni avanti e indietro a portare cibo, medicine, aiuti umanitari e caricare le ultime persone che decidono di lasciare le case e mettersi al sicuro. Fino una settimana fa, è riuscito ad entrare a Severodonetsk ma “purtroppo per la strada cadono le bombe e non posso più arrivare da loro”, racconta il sacerdote. “Ricordo di aver proposto ad una mamma di darmi i due bambini. Le ho assicurato che li avrei portati in un luogo sicuro ma lei ha rifiutato. Mi chiedo come riusciranno a sopravvivere. Adesso hanno anche distrutto il ponte che collegava Severodontesk e Lysyčansk. Anche a Lysyčansk non si riesce più ad entrare”. Il rischio è che con il passare dei giorni, le persone muoiano oltre che per le bombe, anche di fame, di sete e per malattia. “Qualcosa i militari fanno ma poco perché sono impegnati con i combattimenti e non hanno tempo per i civili. Ogni tanto riesco ad indicare ai soldati situazioni critiche come malati di diabete o anziani”. Le comunicazioni però sono molto difficili. “Non esistono i collegamenti da cellulare mobile. Solo i militari hanno accesso ad Internet grazie allo Starlink che ha regalato Elon Musk. Ma non abbiamo più notizie delle persone con cui eravamo in contatto ed è una cosa terribile”. Le situazioni sono diverse. Chi decide di rimanere lo fa perchè ha familiari anziani o malati da accudire. Altri dicono di non avere soldi e nessun posto dove andare ma le condizioni di vita sono precarie. “Preparano il cibo fuori, all’aperto, accedendo il fuoco con il legno dei mobili delle case”. “Quello che stupisce è che adesso la gente dice di non aver più paura della morte ma di rimanere invalidi. E’ quello che sento più spesso dai soldati e dai civili con i quali parlo”, racconta don Oleh. “Ormai qui la gente è pronta a morire in qualsiasi momento e questo fa paura. Noto anche che pochi piangono. Mi è capitato di vedere solo una volta piangere un padre quando gli ho preso le figlie per portarle in un posto sicuro, fuori dalla zona dei combattimenti. Solo il padre però piangeva. Quando le ragazze sono arrivate nella nostra casa salesiana di Dnipro e si sono sentite al sicuro, solo allora sono scoppiate in lacrime”. Il pensiero di don Oleh vola all’Europa e al “mondo che ha permesso tutto questo”. “Si propone un piano di pace che prevede che l’Ucraina lasci i territori occupati alla Russia ma è come se si chiedesse all’Italia di cedere il Veneto all’Austria”, osserva. “E’ una strada che non è percorribile. Ho paura che questo conflitto si espanda. Per questo, la speranza è che il mondo si fermi e capisca che l’unica strada percorribile è che si deve fermare tutto o avremo ancora tanti anni di guerra e morti”.