La donazione degli organi “è un atto nobile che dà vita ad un’altra persona, ma è chiaro che la decisione consapevole di una persona di donare un organo deve essere espressa attraverso un atto personale e non si può dedurre da una assenza di iniziativa una disponibilità alla donazione”. Questo si legge in una dichiarazione pubblicata sul sito della Conferenza dei vescovi lituani, a riguardo del dibattito in corso per l’introduzione di emendamenti alla legge sulla donazione, che porterebbero alla “legalizzazione del consenso implicito” alla donazione. Secondo questo approccio, il prelievo di un organo da una persona deceduta potrebbe essere compiuto presumendo la disponibilità del donatore alla donazione, laddove questi non si sia esplicitamente opposto alla donazione. “Lo Stato dovrebbe incoraggiare il desiderio consapevole di una persona a donare i suoi organi dopo la sua morte”, si legge ancora nel testo. La Chiesa, da parte sua, ha sempre sostenuto l’idea di un documento che “esprima il consenso informato di una persona”, ma non condivide la legittimazione del silenzio come consenso. “Ciò screditerebbe il processo di donazione, minerebbe la fiducia in esso e creerebbe un ambiente favorevole alla diffusione di miti sulla donazione”. La Chiesa “condivide il desiderio di aiutare i pazienti la cui sopravvivenza dipende da organi donati”, ma chiede che la donazione non violi “il diritto fondamentale all’autodeterminazione”.