“Al centro non ci sono la nostra bravura, i nostri meriti, ma l’amore incondizionato e gratuito di Dio, che non abbiamo meritato. All’inizio del nostro essere cristiani non ci sono le dottrine e le opere, ma lo stupore di scoprirsi amati, prima di ogni nostra risposta”. Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della messa di canonizzazione di dieci nuovi beati, ieri, in piazza San Pietro: Titus Brandsma; Lazzaro, detto Devasahayam; César de Bus; Luigi Maria Palazzolo; Giustino Maria Russolillo; Charles de Foucauld; Maria Rivier; Maria Francesca di Gesù Rubatto; Maria di Gesù Santocanale; Maria Domenica Mantovani. “Mentre il mondo vuole spesso convincerci che abbiamo valore solo se produciamo dei risultati, il Vangelo ci ricorda la verità della vita: siamo amati”, ha aggiunto il Pontefice. Una verità che “ci chiede una conversione sull’idea che spesso abbiamo di santità”. “A volte, insistendo troppo sul nostro sforzo di compiere opere buone, abbiamo generato un ideale di santità troppo fondato su di noi, sull’eroismo personale, sulla capacità di rinuncia, sul sacrificarsi per conquistare un premio – ha osservato Francesco –. È una visione a volte troppo pelagiana della vita, della santità. Così abbiamo fatto della santità una meta impervia, l’abbiamo separata dalla vita di tutti i giorni invece che cercarla e abbracciarla nella quotidianità, nella polvere della strada, nei travagli della vita concreta”. Ricordando “il primato di Dio sull’io, dello Spirito sulla carne, della grazia sulle opere”, Papa Francesco ha quindi ribadito che “essere discepoli di Gesù e camminare sulla via della santità è anzitutto lasciarsi trasfigurare dalla potenza dell’amore di Dio”.