“Le parole del comandamento nuovo, ‘che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi’ possono essere poste solo nel contesto della croce e solo dopo quei gesti che della croce dicono il senso. I discepoli non saranno capaci di amarsi se non per l’amore che hanno ricevuto”. Ruota intorno a questo passaggio la meditazione settimanale al Vangelo della Domenica (la prossima quella del 15 maggio) del patriarca latino di Gerusalemme, mons. Pierbattista Pizzaballa. “L’amore di Dio non si ricambia: non saremmo mai capaci di restituirgli ciò che Lui ci ha donato”, afferma il patriarca, rileggendo il passo di Giovanni relativo all’Ultima Cena e al tradimento di Giuda. Scrive Pizzaballa: “La misura dell’amore di Gesù è data dalla distanza che i discepoli pongono tra loro e il Signore: una distanza abissale, quella del peccato, ma che Gesù colma con il suo amore gratuito; non lascia i suoi vagare nella lontananza dove si sono smarriti, perché, come abbiamo visto domenica scorsa, lui è il buon pastore, e il buon pastore non vuole che nessuna delle sue pecore vada perduta. Per questo dà la vita”. Il comandamento nuovo è, aggiunge il patriarca, “incastonato tra il tradimento di Giuda e il rinnegamento di Pietro. Due gesti grazie ai quali si manifesta tutto l’amore di Gesù per l’uomo. Questa è per Gesù la gloria, ovvero il massimo dell’amore possibile; per cui anche il gesto di Giuda viene riletto e accolto come un’ulteriore possibilità di amare, e quindi di dare gloria al Padre. Dentro il male si rivela pienamente la vita di Dio”. Da qui la conclusione del patriarca: “L’amore di Dio lo si scambia tra di noi, lo si fa circolare, e questo è l’unico modo con cui possiamo ri-amare Dio, in cui possiamo dirgli il nostro vero grazie”.