Presentato questa mattina a Bergamo il Progetto “Oltre l’emergenza Profughi in Bosnia Erzegovina” voluto da Caritas Bergamasca, ente capofila, Comune di Bergamo e Cgil Bergamo co-refenti del progetto. L’iniziativa prevede una safehouse, una casa per famiglie richiedenti protezione internazionale, nella città di Kakanj, lungo la rotta dei Balcani, a circa 40 chilometri dalla capitale Sarajevo. A venire accolto per un periodo di un anno sarà un nucleo familiare di massimo sei persone già ospitate all’interno dei centri di accoglienza temporanea in Bosnia Erzegovina. Nato come sistema di ospitalità alternativo ai grandi centri per migranti, attento alle necessità dei soggetti più fragili, il progetto, spiega don Roberto Trussardi, direttore Caritas Diocesana Bergamasca, “intende coinvolgere più direttamente le autorità e le comunità locali fornendo una vera e propria possibilità di integrazione e di autonomia”. Il progetto è stato reso possibile anche grazie al forte legame tra Bergamo e Kakanj. Risale infatti al 1992 il Comitato “ProK”, che prevedeva di ospitare a Bergamo abitanti della cittadina bosniaca durante gli anni del conflitto e che ha permesso loro di ricostruirsi una casa e un tessuto sociale nel periodo post bellico. Memori degli aiuti ricevuti in passato, Kakanj è stata, non a caso, la prima città estera a scrivere un comunicato di solidarietà con l’avvio della pandemia a una Bergamo martoriata dal Covid. La costruzione di una safehouse che porta la firma bergamasca, da una parte ravviva il rapporto storico tra la comunità orobica e quella di Kakanj, e dall’altra mira a mantenere alta l’attenzione su quanto avviene lungo la rotta dei Balcani.