“Igor, come tanti ragazzi, amava le sfide ed io, appassionato di montagna e arrampicata, cercavo di ‘canalizzare’ questa sua necessità in questo sport. Io non gli ho mai negato/proibito di farle, però lo ho sempre indirizzato sul come farle e sul non farle da solo e pensavo (evidentemente sbagliando) che lui avesse capito, che avesse gli strumenti per valutare”. Lo dice Ramon Maj, padre di Igor, vittima della sfida “Black out game” a 14 anni, in una testimonianza video trasmessa durante la conferenza promossa oggi a Roma da Terre des Hommes per presentare alcune proposte di riforma normativa atte a rendere più effettiva la difesa delle giovani vittime di reati informatici e a proteggere quindi centinaia di bambini e adolescenti. “E invece proprio la cosa più pericolosa l’ha fatta da solo, senza chiedere e senza confrontarsi e l’ha sbagliata – aggiunge il papà di Igor -. È stato molto stupido e molto sfortunato. Il risultato è che lui non c’è più, ha distrutto il suo futuro e tutta la nostra famiglia che non sa come andare avanti. Tutto questo non lo dico per indurvi a ‘spegnere’ il bisogno degli adolescenti di sfidare la paura, perché è quello che anima ogni persona”. Il messaggio che Maj vuole portare ai ragazzi è “non affrontatelo da soli”: “Cercate il confronto reale di un amico, di un gruppo, persino di un rivale, ma non restate soli. E non confondete il web come un compagno, perché sarà solo lui a confondere voi. In questo ambito si inserisce questa iniziativa di Terres des Hommes che va nella direzione di portare degli strumenti in ausilio a famiglie ed educatori”.