Siria: Avsi a Conferenza Bruxelles, “risposta alla crisi con misure d’emergenza non è più efficace”

Foto Avsi

“Rispondere alla crisi con strumenti d’emergenza non è più sufficiente. Dobbiamo essere realistici e pragmatici: dobbiamo riconoscere che la risposta alla crisi con misure d’emergenza non è più efficace. Non possiamo più parlare solo di crisi siriana, dobbiamo riferirci a essa come a una crisi regionale, che coinvolge almeno due paesi (Siria e Libano)”: è quanto sostiene la Fondazione Avsi in un documento elaborato per la VI Conferenza sul sostegno al futuro della Siria e della regione che si è aperta ieri a Bruxelles. Nel documento (position paper) Avsi denuncia che la crisi siriana è scivolata in un cono d’ombra ed è catastrofica: 14 milioni e 600mila persone hanno bisogno di aiuto umanitario, e tra questi sono 2 milioni e mezzo i bambini che non vanno a scuola. “Salute, agricoltura e educazione” sono per Avsi i tre pilastri su cui realizzare progetti “che coinvolgano le autorità locali e la società civile nel costruire un nuovo tessuto sociale e permettano agli sfollati di rientrare, di ritrovare una nuova normalità in luoghi non più provvisori”. L’agricoltura: “uno strumento necessario per garantire sicurezza alimentare alle famiglie siriane, oltre che un’attività generatrice di reddito”. L’educazione: “dalla riabilitazione del 52% delle strutture scolastiche al momento inutilizzate, alla costruzione di scuole prefabbricate, alla formazione degli insegnanti, così che siano in grado di accompagnare gli alunni attraverso percorsi di sostegno psicosociale”. La salute: “assicurare copertura sanitaria primaria e secondaria con particolare attenzione ai bisogni speciali”. Per la fondazione ci sono poi altre questioni “trasversali”: “Gli sfollati devono trovare risposte a lungo termine in zone di residenza non più temporanee; le autorità locali, i leader della comunità e della società civile devono essere coinvolti in tutte le fasi di progettazione e attuazione; il processo di ritorno in Siria, per quanto lento, dovrà essere monitorato e accompagnato con grande attenzione; la logica che contrappone chi accoglie a chi è accolto deve essere superata e, in situazioni di crisi come in Libano, è necessario trovare soluzioni che coinvolgano l’intera comunità residente per evitare il rischio di polarizzazione dei bisogni e l’emergere di conseguenti conflitti comunitari”. Circa le attese di Avsi sulla conferenza, per l’ong “a Bruxelles dovrebbe emergere una forte volontà ad attuare un reale cambio di passo, così che le famiglie siriane, ovunque siano – in Siria o al di fuori del paese – possano avere una fonte di reddito, ricevere assistenza medica e garantire ai propri figli un’educazione. Questo risulterà in scelte politiche nuove e immediatamente incisive, com’è successo per l’Ucraina, che avranno effetto anche sull’Europa. Circa il 50% dei dottori e degli insegnanti – ricorda Avsi – hanno già lasciato il Libano con un visto regolare; ci sono migliaia di persone in Siria, Libano, Giordania e Iraq che hanno ormai perso la speranza e riescono ad immaginare solo due vie possibili: salire su una barca per affrontare una traversata pericolosissima, o unirsi a un’organizzazione estremista come l’Isis, che non ha mai cessato di esistere, né di reclutare”. Le richieste, a riguardo, di Avsi a  Bruxelles sono: “rimuovere gli ostacoli che impediscono la transizione da un approccio in risposta all’emergenza a uno di sviluppo, stabilire un approccio armonioso per gestire la crisi siriana tra banche di sviluppo dell’Ue, gli attori privati e la società civile, non reindirizzare i fondi destinati alla Siria da parte dell’Unione Europea verso nuove emergenze, come l’attuale crisi che ha colpito il cuore dell’Europa e fondi flessibili e di rapido utilizzo, come lo è stato con il Fondo fiduciario regionale dell’Ue, per permettere agli attori di adattare i propri programmi al continuo evolvere dei bisogni sul terreno”.

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