“Essere ministri del sacramento della Penitenza”. È l’invito del Papa alla comunità del Pontificio Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima, a Roma, ricevuta oggi in udienza. “Questo è importante”, ha aggiunto a braccio: “Il compito del confessore è perdonare, non torturare. Siate misericordiosi, grandi perdonatori, così la Chiesa vi vuole”. “Questo significa dare tempo all’ascolto delle confessioni, e farlo bene, con amore, con saggezza, con tanta misericordia”, ha spiegato Francesco: “Ma non solo. Questo ministero coinvolge anche la predicazione, la catechesi, l’accompagnamento spirituale; e richiede prima di tutto – come sempre – la testimonianza. Per essere un buon servitore del perdono di Cristo, un sacerdote deve saper perdonare gli altri; dev’essere misericordioso nelle sue relazioni, essere un uomo di pace, di comunione”. Al centro del discorso del Papa, la figura di papa Adriano VI, il penultimo papa proveniente dal mondo germanico, che è sepolto proprio nella chiesa dell’istituto di Santa Maria dell’Anima. “Precettore del futuro imperatore Carlo V e poi, dopo avere svolto importanti compiti ecclesiastici e politici, salì alle più alte cariche e venne creato cardinale nel 1517”, ha ricordato Francesco: “Quando lo raggiunse la notizia della sua elezione a vescovo di Roma, in un primo momento esitò, ma per senso di dovere alla fine accettò”. “Nel suo breve pontificato, durato solo poco più di un anno, ha cercato soprattutto la riconciliazione nella Chiesa e nel mondo, mettendo in pratica le parole di San Paolo secondo le quali Dio ha affidato proprio agli Apostoli il ministero della riconciliazione”, ha sottolineato il Papa: “Così inviò il Nunzio Chieregati alla Dieta di Norimberga per riconciliare con la Chiesa Lutero e i suoi seguaci, chiedendo espressamente perdono per i peccati dei prelati della Curia Romana”. “Coraggioso, oggi avrebbe tanto lavoro”, ha commentato a braccio. “Nella sfera politica, superando molte resistenze – ha proseguito Francesco – si impegnò per raggiungere un’intesa tra le due potenze confinanti, il Re Francesco I di Francia e l’Imperatore Carlo V d’Asburgo, anche affinché potessero, insieme, arginare i sempre più minacciosi disegni di conquista da parte dell’esercito ottomano. Purtroppo Papa Adriano, a causa della sua morte prematura, non riuscì a concludere nessuno di questi progetti”. Ciononostante, secondo Francesco, “la sua testimonianza di lavoratore impavido e instancabile per la fede, per la giustizia e per la pace rimane viva nella memoria della Chiesa”.