“Penso ai centri di accoglienza: quanto è importante che siano luoghi di umanità!”. Lo ha esclamato il Papa, nel discorso rivolo ai 200 migranti presenti nel Centro “Giovanni XXIII PeaceLab” di Hal Far, ultima tappa pubblica del suo viaggio apostolico a Malta. “Sappiamo che è difficile, ci sono tanti fattori che alimentano tensioni e rigidità”, ha ammesso Francesco: “E tuttavia, in ogni continente, ci sono persone e comunità che accettano la sfida, consapevoli che la realtà delle migrazioni è un segno dei tempi dove è in gioco la civiltà”. “E per noi cristiani è in gioco anche la fedeltà al Vangelo di Gesù, che ha detto ‘Ero straniero e mi avete accolto’”, il monito del Papa sulla scorta del Vangelo: “Questo non si crea in un giorno! Ci vuole tempo, ci vuole tanta pazienza, ci vuole soprattutto un amore fatto di vicinanza, di tenerezza e di compassione, come è l’amore di Dio per noi. Penso che dobbiamo dire un grande ‘grazie’ a chi ha accettato tale sfida qui a Malta e ha dato vita a questo Centro. Lo facciamo con un applauso!”. Al centro del discorso di Francesco, le testimonianze dei migranti, che partendo hanno dovuto staccarsi dalle proprie radici. “È uno strappo. Uno strappo che lascia il segno. Non solo un dolore momentaneo, emotivo. Lascia una ferita profonda nel cammino di crescita di un giovane, di una giovane. Ci vuole tempo per risanare questa ferita; ci vuole tempo e soprattutto ci vogliono esperienze ricche di umanità: incontrare persone accoglienti, che sanno ascoltare, comprendere, accompagnare; e anche stare insieme ad altri compagni di viaggio, per condividere, per portare insieme il peso… Questo aiuta a rimarginare le ferite”.