Sono i più rari tra i malati rari: privi anche solo del nome della loro malattia. I pazienti senza diagnosi sono oltre 100mila in Italia. A loro è dedicata la giornata mondiale del 30 aprile. Grazie ai nuovi strumenti di analisi genetica e genomica, l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma è riuscito in 10 anni a dare il nome alla malattia di 1.000 bambini, identificando circa 80 nuovi geni-malattia. Se ne parla sabato 30 aprile nel corso di un convegno online promosso dall’ospedale insieme all’Osservatorio malattie rare (Omar) e alla Fondazione Hopen e intitolato “Malattie senza nome – I fantasmi delle malattie rare”.
“La rivoluzione tecnologica degli ultimi anni – afferma il direttore scientifico del Bambino Gesù Bruno Dallapiccola – ci consentirà di ridurre drasticamente i tempi di attesa dei pazienti ancora privi di diagnosi. Sarà possibile puntare sulla medicina di precisione per trovare soluzioni terapeutiche fino a pochi anni fa impensabili”.
Negli ultimi 10 anni il Bambino Gesù ha attivato diversi percorsi clinici e progetti di ricerca dedicati alle malattie rare senza diagnosi. L’ambulatorio dedicato alle malattie rare senza diagnosi dell’ospedale ha preso in carico dalla sua nascita più di 1.600 pazienti, 400 solo nell’ultimo anno, circa il 10% del totale dei casi di pazienti rari senza diagnosi seguiti dall’ospedale.
Se nel 2016 raggiungevano una definizione diagnostica solo il 30% di questi pazienti, oggi la percentuale arriva al 70%. L’area di ricerca di “Genetica e malattie rare” con i suoi progetti e le reti di collegamento ha trattato circa 900 pazienti pediatrici rari senza diagnosi (877) riuscendo a formulare una risposta diagnostica nel 60% dei casi (514 pazienti). Il laboratorio di genetica medica dal 2020 ha eseguito il sequenziamento dell’esoma di 700 pazienti, giungendo a una diagnosi nel 65% dei casi (455). Complessivamente, sono quasi mille (970) i bambini con patologie rare senza diagnosi a cui l’ospedale è riuscito a dare un nome, primo passo fondamentale verso la terapia, arrivando a identificare grazie alle indagini genomiche circa 80 nuovi geni-malattia.
“Grazie all’evoluzione delle tecnologie per gli esami genetici ed esomici – conclude Dallapiccola – oggi riusciamo a fornire una diagnosi in due terzi dei casi di pazienti rari non diagnosticati. L’obiettivo è quello di ridurre i tempi di attesa dagli attuali 5 anni di media a circa 1 anno”.